Se si è accusati di dissesto che si fa? E’ ovvio! Si chiama un altro dissestatore che suggerisce di rivolgersi ad un terzo dissestatore. E’ la catena del dissesto.

Insomma il 23 dicembre 2008 il dissestatore Enzo Martinelli (ex presidente del collegio dei revisori dell’Ateneo più dissestato d’Italia, d’Europa, del mondo e forse dell’Universo), messo alle strette in consiglio di amministrazione a chi pensa di telefonare? A Gabriello Mancini ovviamente! L’amico del Criccaboni!!! Quindi un dissestatore o protettore di dissestatori (meglio ancora dissestaTOSI) che rischia la mozione di sfiducia in CdA chiama un altro dissestatore di finanze, incollato col bostik alla poltrona di presidente di una Fondazione oramai ridotta al lumicino e che, oggi, si permette anche di avere la faccia di bronzo di complimentarsi per il rinnovo della carica all’ABI del supremo distruttore di banche, il quale gli suggerisce, assicurandogli che ci parlerà lui, di cercare appoggio in CdA in chi? Ma in Walter Renato Gioffré!!! Che diamine!!! E infatti anche il Gioffré di lì a poco sarebbe stato piccionato per malversazioni varie e, in definitiva, a dissestare anche lui. E’ il florilegio del dissesto. E’ un concentrato di dissesto.
A questo punto la redazione di Fratello Illuminato vorrebbe far notare che: 1) il Martinelli campa tranquillo con la sua pensione; 2) Mancini non c’è verso di farlo schiodare di dov’è nonostante abbia distrutto (in concorso con Mussari, Ceccuzzi et alii) un patrimonio che non sembrava possibile finire nemmeno campando 2000 anni; 3) il Gioffré, nonostante tutte le mascalzonate, continua a stare dove sta; 4) insieme a questi personaggi anche tutti gli altri inquisiti per il dissesto universitario (Tosi, Bigi, Bruni e così via) non solo non sono stati buttati fuori a calci in culo, ma addirittura ad oggi non hanno restituito neanche una lira di quello che hanno dissestato. E per giunta chi li ha aiutati dalla sua posizione dei presidente del Nucleo di Valutazione, Delegato ad Arezzo e quanto altro ora fa il rettore (abusivo). Come stupirsi della riconferma di Mussari all’ABI nonostante la distruzione messa in atto, se questi hanno sbriciolato una Università (con tutti quelli che ci sono dentro) senza trarne detrimento? E nel silenzio e nel torpore dei seguenti soggetti: 1) inquirenti e giudicanti; 2) Corte dei Conti (che però se nessuno li denuncia non può agire d’ufficio); 3) stragrande maggioranza dei dipendenti universitari, loro sindacati e docenti; 4) 54000 cittadini che si sono visti depauperare dell’Università, della Banca, della Fondazione, dell’Ospedale, dell’ASL, di tutto insomma.

La redazione di Fratello Illuminato comunica altresì che sta per perdere la pazienza, pazienza zen che dura da quasi due anni. Fate voi.

P.S. Ma a Firenze non dicono niente? L’acqua va all’insù?

Riceviamo e pubblichiamo. All’ ABI hanno forzato i tempi per spiazzare la magistratura. E soprattutto,questo Ceccuzzi dove l’avete trovato?

Ieri all’assemblea dell’associazione dei banchieri italiani hanno registrato la pagina piu’ brutta della storia economica e finanziaria italiana. Premesso che l’ABI è un’associazione privata ma ieri i banchieri italiani si sono rivelati antistorici e privi di etica della responsabilità. Hanno riconfermato un non-banchiere e soprattutto uno che ha messo in ginocchio una banca. Diciamolo a vele gonfie: Mussari Giuseppe è stato uno dei peggiori banchieri italiani(non banchiere) che dal 2007 a 2011 ha messo in ginocchio il Monte dei Paschi. Nei paesi anglosassoni ma anche in Croazia un non-banchiere del genere nemmeno uditore all’assemblea degli azionisti. Si sa l’Italia è anche la culla delle peggiori manifestazioni di decadenza e quindi non ci meravigliamo piu’ di tanto. Mussari ritorna all’ABI grazie alle forzature di Guzzetti, il quale è riuscito a convincere il restio Bazoli. I democristiani che aiutano l’avvocato Mussari. In fondo l’operazione Antonveneta nasce e cresce nel cattolicesimo bancario, in particolar modo in quello spagnolo. Le vie del Signore sono infinite. E tra i banchieri dell’ABI in molti la domenica si recano a messa. Inoltre, a parer mio, la forzatura dei tempi per la conferma di Mussari rientra all’interno di una strategia tesa a spiazzare la magistratura, e sempre a parer mio a delegittimarla come faceva a suo tempo Berlusconi, per tentare di creare uno scudo per salvaguardare Mussari dalle responsabilità per la gestione della banca MPS. Un trucco vecchio come il cucco. Lo sconcerto nel mondo economico serio e sano per questa riconferma è altissimo. Sono curioso di assistere all’evoluzione di tutta questa brutta pagina.

Ieri a un certo punto della giornata appare nelle agenzie una nota di un certo Franco Ceccuzzi. E solo in tarda serata ho capito che si trattava di un ex sindaco di Siena. Ho letto la sua nota e subito dopo ho preso delle informazioni. Non potevo credere ai miei occhi: questo Ceccuzzi ha superato l’inimmaginabile. Mi chiedo come possa aver fatto il sindaco un politicante del genere.

Giudicate voi stessi. La Banca D’Italia sempre nella giornata di mercoledi in merito alla vicenda MPS ha emesso un comunicato che cito testualmente.”Il nuovo corso del Monte dei Paschi di Siena ha avuto per regista la Banca d’Italia. A chiarire il ruolo esercitato e a descriverne gli effetti è stato il direttore centrale della vigilanza di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, in audizione al Senato il 10luglio.Bankitalia ha chiesto una «chiara e decisiva inversione di rotta» rispetto alla gestione passata.” Tradotto: invertire la rotta rispetto alla pessima gestione Mussari e quindi anche rispetto ai politici che hanno sostenuto Mussari, in primis Franco Ceccuzzi. Di fatto, usando una terminologia popolare, uno schiaffo nei denti nei confronti del duo Mussari-Ceccuzzi.

Di fronte a questo che cosa ha scritto il cittadino semplice Ceccuzzi (non si sa nome di chi parli)?

(Cito testualmente)

Spero che la Banca torni a fare redditività e che si arrivi a questo risultato senza costi sociali.

In questa fase la maggiore preoccupazione va dunque ai dipendenti. La speranza è che vertici e sindacati trovino un linguaggio comune di confronto, un confronto disteso che possa portare anche ad un accordo”. Lo ha detto all’Adnkronos l’ex sindaco di Siena Franco Ceccuzzi a proposito delle prospettive di Monte dei Paschi di Siena. Con particolare soddisfazione, Ceccuzzi ha accolto “l’attestazione di fiducia di Banca d’Italia” per il nuovo piano industriale di Mps, preparato dai nuovi vertici della Banca, guidati dal presidente Alessandro Profumo, voluto fortemente dall’ex sindaco per imprimere una netta svolta.

“E’ molto importante questo attestato – ha sottolineato Ceccuzzi – perché significa che il cambiamento prodotto ha aperto una prospettiva nuova. Dopo il riconoscimento degli errori e la consapevolezza delle gravi responsabilità, le soluzioni non potevano che essere di cambiamento radicale”.

Ecco che cosa scriveva di Mussari e di Antonveneta il Ceccuzzi.

(Cito testualmente)

“Tanti compagni, amici ed anche colleghi deputati mi hanno chiesto un giudizio sul “blitz” della Banca Monte dei Paschi che, con abile discrezione, forte determinazione e coraggio, ha acquistato Banca Antonveneta. Non ci dilungheremo sui profili finanziari, industriali e squisitamente bancari dell’operazione. Saremmo, francamente, tentati da tanta abbondanza di valutazioni da svolgere. Un piatto ricco di spunti se aggiungessimo anche una retrospettiva sull’estate del 2005, quando all’assalto di Antonveneta non andarono i galantuomini del Monte dei Paschi di Siena, ma altri manager ed uomini di affari che, a distanza di due anni, frequentano più i Tribunali della Repubblica che Piazza Affari. Il tema che vogliamo sviluppare è quello dell’assunzione di responsabilità, dell’interesse generale e della misurazione del consenso nel lungo periodo. Il presidente del Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, ed il direttore generale Antonio Vigni hanno messo sul tavolo della trattativa con Banco Santander una cifra di 9 miliardi di euro, qualcosa meno di 18mila miliardi di vecchie lire. Tanto quanto una legge finanziaria di media taglia. Una scelta impegnativa per l’azienda che amministrano pro-tempore, per gli azionisti, per i dipendenti, per la comunità che orgogliosamente, da secoli, ne rappresenta le radici e ne scrive la storia, con successo. L’indomani i mercati hanno reagito negativamente. Il prezzo è troppo alto. L’integrazione tra le due banche è troppo difficile. Gli obiettivi di creazione di valore dai due istituti non sono realistici. La governance di Mps è atipica. A Siena, però, nessuno si è impressionato per lo “starnuto” dei mercati. Il riferimento è scherzoso e non vuole essere offensivo. L’accelerazione della storia impressa dalla globalizzazione dei mercati e dalla rivoluzione tecnologica non rispetta zone franche e nemmeno una banca nata nel 1472. E così la ristrutturazione bancaria che in Italia prende le mosse con la legge Amato-Ciampi e che da oltre 1000 banche ci ha portato a poco più di 600 marchi. Con la nascita di nuovi e grandi gruppi. Player di rango europeo come Unicredit Group, Banca Intesa San Paolo, e Monte dei Paschi di Siena con oltre 3000 sportelli e la joint venture con Axa. Per questo chi proviene da una storia secolare e si pone di fronte a sé di percorrere un cammino altrettanto lungo e glorioso, investe le sue forze in un disegno di largo respiro e non si ferma alle valutazioni di breve periodo. Sempre che, naturalmente, chi amministra protempore abbia il coraggio, la forza e la visione dell’interesse generale per assumersi i rischi della critica, o persino dell’impopolarità a breve, per veder maturare i frutti delle proprie scelte in tempi lontani, magari quando non si ricoprono più quelle responsabilità. Nell’Italia governata dai sondaggi e del consenso a consumo immediato, il rischio d’impresa assunto da Mps con l’acquisto di Antonveneta è un fulgido esempio di classi dirigenti orientate dall’interesse generale. Mi riferisco, in questo caso, anche all’azionista di riferimento che è la Fondazione, il cui ruolo nell’operazione Antonveneta non è stato, non è, e non sarà certo marginale. Le regole dell’economia però non si possono applicare in politica e nei processi di sviluppo delle comunità. I processi di partecipazione e di costruzione, nonché misurazione, del consenso richiedono massima trasparenza e non silenzio, massima ponderazione e non impazienza, equlibrio e non certo impeto. Qui mi sento di elogiare senza limiti e senza riserve quanto ha scritto, in questi giorni, Simone Bezzini sullo sviluppo dell’aeroporto di Ampugnano e nelle settimane scorse il sindaco di Sovicille Alessandro Masi. Idee chiare sugli obiettivi da perseguire, ed atteggiamento riflessivo sui passi da compiere. Perché in questi casi i passaggi vanno consumati tutti. Uno per uno. Questa è la mia opinione. E voi che cosa ne pensate?”

Il Ceccuzzi concludeva con la domanda: E voi cosa ne pensate? Io penso che questo Ceccuzzi necessita di ferie divise tra il mare le terme. Al ridicolo non c’è mai fine.

 Albus Silente

Stasera tutti in Piazza a festeggiare la riconferma di Mussari all’Abi. E nell’occasione anche l’acquisto di Antonveneta. Venite tutti: Bezzini, Cecuzzi, Mancini e anche i sindacati visto che i dirigenti nazionali dei sindacati hanno applaudito per la riconferma di Mussari

Stasera tutti in piazza a festeggiare la riconferma di Mussari all’Abi. Nell’occasione conviene festeggiare anche l’acquisto di Antonveneta. I dirigenti nazionali dei sindacati bancari hanno applaudito per la riconferma di Mussari e anche dal PD sono arrivati applausi. E Mussari ha esordito: condivido i tagli del governo Monti.

 Bene, quindi stasera tutti in piazza: trippa x tutti a gratis.

Mancini e Ceccuzzi ritrovano l’accordo con la mediazione di Mussari e Guzzetti e abbandonano Alberto Monaci. Gli uomini dell’operazione Antonveneta ritrovano l’accordo

La città di Siena ritornerà ad essere vivibile ed economicamente stabile soltanto quando i responsabili dei disastri verranno chiamati a rispondere delle proprie azioni. E non è soltanto un fatto di magistratura.

Il caso del direttore di Promosiena Spa. Cari Guasconi e Bezzini ma non l’avete ancora capito che la città è in crisi?

E’ offensivo nei confronti delle famiglie, dei giovani, delle imprese e della città nel suo insieme. L’università è in rosso con il bilancio, la fondazione e la banca non ne parliamo, il Comune di Siena è commissariato e quelli del PD continuano, pur essendo i responsabili del dissesto cittadino, con gli aumenti di stipendi per taluni dirigenti. Accade che lo stipendio del Direttore Generale di Promosiena Spa (partecipata dalla Camera di Commercio e dalla Provincia di Siena) è stato aumentato di oltre il 30% passando da 49.541,00 euro a 65.938,60 euro. Hanno sostenuto l’acquisto della banca Antonveneta figuriamoci se si vergognano ad aumentare lo stipendio al direttore di Promosiena. Guasconi e Bezzini entrambi esponenti del PD.

Informazione al cittadino: andiamo a firmare in Comune entro il 26 luglio

La Fondazione MPS chiude il bilancio con -332 milioni (roba da matti) e questi “forzavano la mano”

Grazie alla gestione Ceccuzzi-Mussari della città e grazie al Mancini mero esecutore delle direttive di Ceccuzzi e Mussari, con la chiusura del bilancio della Fondazione con il risultato di (meno) – 332 milioni non possiamo che confermare quanto detto negli ultimi tempi: hanno dissestato la città.

Ricordiamo alcuni nomi di coloro che fanno parte della Fondazione MPS, oltre a Mancini, che hanno dato il il sostegno a tutte le decisioni senza mai protestare: Vittorio Galgani, Alessandro Piazzi, Paolo Mazzini, Paolo Rappuoli (il fidato di Rosy Bindi), Fiorenza Anatrini, etc.

Vi raccontiamo nuovamente un episodio così capite come gestivano e gestiscono le istituzioni e purtroppo non poteva che finire in crisi la città.

Ecco un dialogo tra Alessandro Piazzi membro della Fondazione MPS (ceccuzziano e detentore di altre poltrone ben pagate) e il noto dissestatore Angelo Riccaboni (Criccaboni). Da questa conversazione si capisce il modus operandi.

Il 10 novembre 2010 Piazzi a Riccaboni:

 “Purtroppo, pur avendo forzato non poco sia con Faleri che con Mancini, non è stato possibile modificare la destinazione.

Non ho buone notizie neanche per s. Chiara che non è finanziata

A. Piazzi”

 Il Criccaboni è rettore di un ente pubblico e Alessandro Piazzi membro di una fondazione bancaria, quindi loro dovrebbero agire rispettando le regole delle due istituzioni. Ci domandiamo, in cosa consisteva questo tentar di “forzare la mano”, per cosa e come? La “destinazione” di cosa?

 Perchè non andate a forzare la mano a casa vostra?

Editoriale del Maestro James. Agire con responsabilità

Il limite è culturale e le resistenze sono clientelari. Non resta che agire con responsabilità: chi, come, per cosa? La città è priva di classe dirigente; o meglio, quella degli apparati non è adeguata per affrontare la drammaticità del momento. L’ingordigia degli ultimi 11 anni ha svuotato le casse degli enti, bloccato lo sviluppo e mortificato il tessuto sociale e culturale. Il limite culturale della classe dirigente ha livellato verso il basso la dialettica politica e culturale in generale e l’esagerazione del clientelismo ha messo in crisi lo stesso modello di gestione economica su cui poggiava il clientelismo. L’ossessione di controllare tutto e tutti ha distrutto l’economia e nel contempo ha privato la comunità di aperture verso modelli di sviluppo veramente funzionali alla valorizzazione delle potenzialità della città e alla possibilità di creare sinergie istituzionali e imprenditoriali capaci di generare risorse e opportunità di lavoro. Una classe dirigente ingorda e parassita. I due principali responsabili di questa deriva disastrosa per la città, sono sempre quei due che hanno annullato prima il partito, poi il ruolo delle istituzioni elettive, per disegnare solo ed esclusivamente le proprie ambizioni personali. E ovviamente si sono serviti di un contorno di fedelissimi adeguatamente premiati con nomine e incarichi. Sono i soliti due noti: Franco Ceccuzzi e Giuseppe Mussari. Per le loro ambizioni personali hanno consegnato la città al dramma della crisi. E forse gli effetti più pesanti della crisi non si sono ancora manifestati. A questo punto per tentare di recuperare il recuperabile e tentare di far ripartire la città, avendo ben presente che serviranno come minimo 10 anni, occorre agire con responsabilità. Chi ha il peso del fallimento e il peso enorme della colpevole responsabilità si deve fermare altrimenti si assumerà due ulteriori responsabilità: la crisi definitiva della città e l’insorgere di un lungo periodo di scontri che la città non è più in grado di sostenere. Di pari passo, anche come segno di rottura morale, sarebbe opportuno attivare i dovuti istituti giuridici per procedere con “azioni di responsabilità legali” nei confronti di coloro che hanno messo in ginocchio le istituzioni pubbliche ed economiche della città. Per dare una speranza di recupero alla città e per il futuro di chi ci abita, occorre uno sforzo di ragionevolezza e di lungimiranza per costruire un’aggregazione consapevole di persone capaci e in grado di interloquire con autorevolezza per conto della città oltre i confini del localismo. Con i dovuti passi indietro e con il freno alle ambizioni e alle rivendicazioni becere e di nicchia; dentro questa necessaria progettualità politica e istituzionale c’è spazio per raccordare sensibilità, professionalità e istanze dei partiti. Ovviamente non sto pensando alla lista civica d’ordinanza e nemmeno a un candidato sindaco altisonante o da ripescare tra le riserve politiche della città. Ragiono di una coalizione per governare, con il supporto anche dei partiti, ma senza il peso degli apparati e di scegliere un candidato libero da quei condizionamenti, fresco di candidatura, ma radicato nel tessuto cittadino e consapevole della realtà dei problemi e dello stato delle istituzioni. Basta agire con responsabiltà e umiltà. Altrimenti consegnate la città al non ritorno.

Ecco un altro del PD ceccuzziano che pensa di essere amministratore di un condomino: il tosiano Vareno Cucini

Scavando scavando si comprende sempre più perchè la città è stata portata alla deriva e le istituzioni sono in crisi. Pensavano di essere nel loro condominio tra amici e parenti. Come tutti sapete il Comune di Siena nomina un membro del cda dell’ateneo senese e quel posto è occupato dal tosiano-ceccuzziano-criccaboniano Vareno Cucini esponente del PD. Che cosa dovrebbero fare i membri del cda? Tutelare l’ente e controllare gli atti e rappresentare l’ente che nomina. Doveva essere così e invece no. Tutti pappa e ciccia come se fossero nel loro condominio personale. Non solo il Cucini vota tutti gli atti che porta il Criccaboni, compreso l’ultimo consuntivo, ma addirittura lo stesso Cucini concordava e sicuramente concorda prima del cda le mosse insieme al Criccaboni. Alla faccia dell’indipendenza del cda e del ruolo di controllo.

 Correva l’anno 2010 e il 4 novembre Cucini e Criccaboni conversano cosi:

 “Cucini chiama Riccaboni. Quest’ultimo gli dice di voler chiedere al CdA la conferma per la nomina del nuovo Direttore Amministrativo per cui gli comunica che lunedì ha convocato il CdA. Il Cucini lo rassicura sul fatto che il CdA non potrà che prendere atto della decisione del Rettore.”

 Questi due parlavano della nomina della condannata Ines Fabbro e a tal proposito ricordiamo anche la selezione farsa. Ma non solo, il Cucini da buon sindacalista della CGIL è tra i piu’ accaniti sostenitori dei tagli ai lavoratori decisi da Criccaboni. Anche il Cucini è un esponente ceccuzziano del PD senese. Ecco in mano a chi sono le istituzioni.

Parte prima. Ceccuzzi il vero referente della nomenklatura dissestatrice. Ecco come ha gestito tutto in prima persona. La discontinuità andate a praticarla con Tosi e Criccaboni al solito posto.

Con questa ricostruzione tutti, proprio tutti (sal quelli in malafede), possono comprendere chiaramente che il Ceccuzzi non solo ha fatto il furbo durante il mandato da sindaco, ma addirittura è stato ed è il referente politico della nomeklatura tosiana e criccaboniana, con annessi soldatini come Boldrini, Maurizio Bettini e Gabriella Piccinni.

Scavalcava anche i sindaci e le istituzioni di allora ed era lui che teneva direttamente i rapporti con i vertici universitari. Sapeva tutto, li ha protetti e ha condiviso tutto, incluso il taglio dello stipendio dei lavoratori.

Rapporto Tosi-Ceccuzzi

Leggetevi questo e anche il proclama a favore di Tosi del 2006 quando l’Ateneo era già dissestato:

:Il 21 0ttobre del 2002 Maurizio Boldrini coordinava il dibattito con relatore Piero Tosi e alla presenza di Franco Ceccuzzi organizzato dal coordinamento dell’Ulivo al Jolly Hotel ore 17:30 dal titolo “Confronto sulla legge finanziaria”.

Nel febbraio 2006 Boldrini era il moderatore di una tavola rotonda organizzata dai DS (leggete i nomi dei partecipanti e il tema della tavola):” Tavola rotonda, a cui hanno partecipato Gabriella Piccinni, Franco Ceccuzzi, Andrea Ranieri, Angelo Riccaboni, Maurizio Bettini, ha acceso il dibattito – moderato da Maurizio Boldrini, direttore del Centro comunicazione e marketing dell’Università di Siena – nella parte conclusiva della giornata che i Ds senesi hanno dedicato al tema delle università.”

Franco Ceccuzzi dichiarava a suo tempo: “Fummo tra i primi a rimproverare ed a spronare al miglioramento l’allora Rettore Piero Tosi, al quale vogliamo manifestare ancora oggi la nostra stima.”

Ora arriviamo al rapporto di fiducia diretto con Angelo Riccaboni

Correva l’anno 2010 e il 7 novembre Riccaboni scrive a Ceccuzzi

Caro Franco, volevo ringraziarti per l’impegno che hai messo per assicurare una guida stabile all’Ateneo. Con l’occasione ti informo che per domani ho convocato un cda per il parere previsto dallo Statuto per la nomina del direttore amministrativo. Appena sarà operativo il nuovo Direttore contatterò le isituzioni per definire insieme le più opportune modalità di confronto sul tema dell’Università. Un caro saluto, Angelo Riccaboni

Il 20 di novembre arriva una telefonata di risposta da parte di Ceccuzzi:

Riccaboni tesse le lodi della Fabbro e chiede di incontrarlo (a Franco) per fare il punto della situazione. Si accordano di incontrarsi al Dipartimento di p.za San Francesco il 29 novembre. Parlano della richiesta di dimissioni avanzata da Paolo Amato e Franco dice che è collegato a Pollina e Piccini. Franco cerca di tranquillizzare Roiccaboni dicendogli che la volontà della città è quella di avere stabilità. Franco dice che è una palese intromissione della politica nell’autonomia universitaria e che l’uscita di Amato non è piaciuta neanche al PdL di Siena. Riccaboni dice di essere in contatto con Cenni e Renzini. Dice anche di aver fatto il punto della situazione finanziaria e non è allarmante come la si vuol far credere.

A parte il fatto che Amato con Pollina e Piccini non c’entra una beneamata minchia, ma poi come? Si lamenta dell’intromissione nell’autonomia universitaria e poi sminestracome non mai e si incontra con il Cricca! Ci vuole una faccia di bronzo, a dir poco.

Sapeva tutto!!! Fa finta di cascare dal pero, ma ecco chi era il vero referente politico della cricca dissestatrice. A casa!!! Tutti!!! E subito!!!