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Tommaso Occami. Ceccuzzi probabilmente non ha capito che commissariano lui, non la Città

Le tecniche politiche, le uniche che probabilmente conosce il sindaco Ceccuzzi, sono sotto gli occhi di tutti. L’intervista rilasciata oggi alla Repubblica di Firenze ne è una manifestazione esplicita. C’è da domandarsi, altresì, della capacità dell’intervistatore che dovrebbe almeno avere l’accortezza di rappresentare la situazione senese in tutta la sua complessità. Ma dopo la vicenda che ha interessato il licenziamento del direttore della Nazione si comprendono anche certe preoccupazioni da parte dello stesso giornale. Dunque se arriva il commissario a essere penalizzata è la Città, secondo il primo cittadino: puerile! Se si dovesse arrivare al commissario il problema non è di Siena, ma di chi l’ha male amministrata. Se c’é il commissario la colpa è del Ceccuzzi, non di Siena. Mettiamo i puntini sulle i; prima considerazione! Seconda riflessione: se il bilancio non passa in consiglio comunale la colpa non è di chi vota contro, ma di chi porta uno schema di bilancio tecnicamente inaccettabile, cioè della giunta. Sarebbe veramente ridicolo che la colpa della crisi ricadesse sull’opposizione. L’opposizione è da tempo che mette in evidenza i lati critici della gestione del Cenni prima e di quella del Ceccuzzi poi. Secondo i teorici, vicini al primo cittadino, chi ha criticato precedentemente è reo per le valutazioni espresse e colpevole oggi perché fa mancare i voti alla maggioranza. Siamo al paradosso: la crisi e il commissario sono colpa di chi dice che le cose non vanno. Il commissario non è uno smacco per Siena, ma la inevitabile conseguenza del mal governo di chi ha avuto tutte le redini del comando nelle proprie mani. Messe in questo modo le vicende senesi acquistano un’altra dimensione e rispondono al criterio della verità.

Il commissario sembra essere diventato l’unico male a cui la città potrebbe incorrere. Così come il traffico lo è per Palermo nel film di Benigni. I mali sono altrove e che ci sia bisogno di una vera discontinuità. Il commissariamento è un po’ quello che é accaduto all’Italia dopo l’abbandono di Berlusconi. Una persona e un gruppo di tecnici che rimettono in sesto il bilancio e preparano le nuove elezioni. Le analogia con l’esperienza di Monti sono molte ed evidenti. La discontinuità per essere vera non può essere rappresentata da personaggi come Marzucchi che ha assicurato il governo al PD prima con Cenni e poi con Ceccuzzi. Che ha ricoperto incarichi importanti nelle varie giunte sempre pronto alla battuta per minimizzare e a trovare nelle parole le soluzioni. Così come, una per tutte, le promesse per l’inceneritore al cimitero del Laterino che doveva essere pronto da anni. Non realizzato come ben sanno i cittadini senesi che devono portare i loro cari per la cremazione a Viterbo o a Perugia.

É tutto chiaro, troppo evidente!

Tommaso Occami

Stai attento a questa città

E’ il presidente nazionale dei garanti del PD, ex rettore, ex ministro, ex membro del Csm e padre di Aldo Berlinguer. Stiamo parlando ovviamente del capo politico di Franco Ceccuzzi, quel Luigi Berlinguer che nel novembre 2010 conversando al telefono con Riccaboni e intercettati dall’Autorità giudiziaria, si lasciò andare (riferendosi a Siena) in chiusura di telefonata con questa affermazione “Stai attento a questa città”. Ci viene spontaneo dire che è la città che doveva e deve stare attenta a certa gente. Detto questo proseguiamo. In quel 2010 consumarono un inciucio vegognoso tra il esponenti del PD e l’ex ministro Gelmini e nel contempo hanno alterato con pressioni umilianti per le istituzioni il ruolo del ministro. L’esponente del PD Luigi Berlinguer intervenne direttamente per far firmare il decreto di nomina dell’abusivo Riccaboni. Così come,sempre Berlinguer, è intervenuto con gli amici Fassino e Anna Serafini, sul ministro Profumo per evitare interventi negativi nei confronti della cricca Criccaboni-Fabbro. Su questi inciuci Rosaria Bindi non ha niente da dire? La pasionaria di Sinalunga che cosa pensa di questi inciuci al neutrino tra Luigi Berlinguer e la Gelmini? E visto che la pasionaria interviene sulle vicende senesi ci dica qualcosa sul dissesto universitario e ci dica quanti anni è stata in aspettativa dall’università di Siena?

Sarebbero questi i personaggi con cui il Ceccuzzi pretendeva di spacciare la discontinuità? Il Ceccuzzi non solo non discontinua, ma se non viene sfiduciato la città corre il rischio di ritrovarsi nuovamente i soliti personaggi come quel Berlinguer Luigi che disse al Criccaboni: “Stai attento a questa città”. Che strana questa frase. Proprio lui che con questa città ha fatto carriera. Chissà che cosa voleva significare all’incompetente e dissestatore Criccaboni. Chissà.

Proprio lui si lamenta della città. Il PD senese, soprattutto Ceccuzzi, ha preteso la nomina di Aldo Berlinguer nel cda di banca Antoveneta. “Stai attento a questa città”, ma il figlio gode dei privilegi di questa città. “Stai attento a questa città”, ma Luigi Berlinguer non si è fatto scrupoli quando ha chiesto al Boldrini di fare dei volumi in suo onore a spese dell’università di Siena. E infatti i volumi in onore di Luigi Berlinguer sono stati realizzati a spese dell’università, ma abusivamente, senza autorizzazione. E pensare che l’ex rettore Luigi Berlinguer pretendeva di farsi nominare giudice della Corte Costituzionale. Fortunatamente hanno scelto Paolo Grossi che vanta un curriculum parecchio, ma parecchio migliore di quello del padre di Aldo. Le storie di Luigi e Aldo Berlinguer illustrano al meglio come una certa classe politica veramente familistica ha sfruttato la città di Siena per le proprie carriere personali. Sul come hanno gestito le istituzioni cittadine, sono i fatti a parlare. E oggi cari cittadini il finto discontinuatore Ceccuzzi è gestito politicamente dal quel Luigi Berlinguer che aveva affermato “Stai attento a questa città”. Ecco, la città si svegli e stia attenta a certa gente.

P.S. Nella foto l’abbraccio storico tra Piero Tosi e Luigi Berlinguer. L’abbraccio che avvia il controllo sulla città e sull’università e i risultati pessimi e disastrosi sono sotto gli occhi di tutti. Te la ricordi questa foto caro Bisi?

Ester Cicala. Il “ratti” dei voti. Semplice acqua di colonia o Cartier?

Il direttore della Nazione di Siena Tommaso Strambi, forse folgorato sulla via del Bisi, stamani ci comunica che per le strade di Chiusdino hanno visto passeggiare una volpe. Il Bisi a caccia di Puma e lo Strambi a caccia di volpi. Oggi però lo Strambi ha intrapreso anche la strada della curia sfoggiando sul giornale un ritratto di Buoncristiani. Questi giornalisti prima o poi si perdono tutti dentro il groviglio. Per la prossima puntata potrebbe sfoggiare il ritratto della volpe e comunicarci che Buoncristiani è stato visto passeggiare per le strade di Chiusdino. E a proposito di volpi non possiamo non segnalare la presenza di volpi, a due zampe però, in giro per le strade di Siena. Delle volpi politiche. Si è scatenata la caccia al voto: un disperato pellegrinaggio con la speranza di convincere Laura Vigni a votare il bilancio anche attraverso un pranzo con Antonella Buscalferri. Altre volpi con l’aiuto di qualche estaviana impegnati nel tentativo di convincere De Risi a non partecipare al consiglio comunale. Altre ancora per convincere Corradi a votare sì. Corradi, Vigni e De Risi si faranno abbindolare dai richiami patetici delle volpi? Saldi di fine stagione o la fine di una stagione? E’ preferibile un cambio di stagione. Chi invece è scatenatissima nell’ultimo tentativo di salvare la poltrona del Ceccuzzi è quella santa donna di Rosaria “da Sinalunga” Bindi, grande amica di Sabina Ratti moglie del presidente di MPS Alessandro Profumo. E infatti la santa non ha perso tempo nel mettere il cappello sulla nomina di Profumo. Sarebbe auspicabile, così mi dicono a Berlino, che Profumo evitasse di farsi condizionare dalle correnti politiche e di farsi strumentalizzare nell’estremo tentativo di aiutare Ceccuzzi. Ignazio Visco e Mario Draghi, sempre dalle fonti di Berlino, non gradiscono l’ingerenza delle banche nell’agone politico. Spetta quindi ad Alessandro Profumo decidere se presentarsi ai mercati come “un’acqua di colonia” o un “Cartier”. Ed è più internazionale la piazza di Milano che quella di Stigliano o Sinalunga. Sante parole quelle di Berlino. Si commentava con le mie amiche, stamani dalla parrucchiera, che per il bene di Siena, invece di far agonizzare tutto con questo pessimo “ratti” di voti, meglio andare a votare. E un commissario non solo garantirebbe la tenuta dei servizi sociali e i servizi alla famiglie, ma anche una transizione di chiarezza. Rifletti su questo Rosaria e se proprio vuoi fare la prova muscolare per la scadenza del 2013, perchè non ti candidi a sindaco di Siena? Il messaggio di oggi credo sia chiaro.

Eccone un altro a tramestare

Questa redazione viene a sapere che, oltre ai già lungamente deprecati Brandani e Berlinguer, arriva un altro a tramestare a favore di Ceccuzzi. Stiamo parlando di Vittorio Mazzoni della Stella che si sarebbe messo in contatto con Martelli perché cercasse di convincere Corradi a sostenere con il proprio voto Ceccuzzi. Noi siamo convinti che queste manovre non avranno il minimo effetto e che Corradi si mostrerà coerente con l’impegno preso con gli elettori e con coloro che lo hanno sostenuto. Una cosa è un atto di indirizzo per la Fondazione (ancorché questa redazione e molti altri non abbiano condiviso il voto favorevole a Ceccuzzi), altra cosa è votare un bilancio che, siamo sicuri che Corradi lo ha pienamente compreso, presenta – secondo anche l’espressione della Corte dei Conti – gravi irregolarità e comunque un disavanzo inaccettabile a fronte delle generose erogazioni della Fondazione arrivate sino a poco tempo fa.

P.S. Ma una domanda: perché Mazzoni, Bisi e Martelli non la fanno finita di mettere in scena queste farse, molto simili a quella che misero in scena l’anno scorso in occasione del “groviglio bituminoso”?

Editoriale del Maestro James. Con il “Senni di poi” il De Santi poteva entrare in fondazione. E il professor Brandani folgorato sulla via di Stigliano

Il nuovo che disavanza come alcuni bilanci è rappresentato da due personaggi legatissimi fin dai tempi della prima repubblica, Luigi Berlinguer e Alberto Brandani. Il primo, noto per il ruolo “universitario”, pur in età avanzatissima ha sguinzagliato i fedelissimi con lo scopo, già ottenuto, di rendere il Ceccuzzi ostaggio dentro il partito. Il secondo, professore del Senni, dopo una finta rottura con il Ceccuzzi in campagna elettorale, ha deciso di puntellare la maggioranza ceccuzziana in consiglio comunale attraverso il voto favorevole dell’architetto in cerca d’autore, Sandro Senni. La versione 2.0 della nuova folgorazione stiglianese di Brandani. La puntellatura per ora non ha prodotto nessun risultato favorevole per il Ceccuzzi, palesando una figura pessima del Senni e dello stratega dello stesso, lo stesso Brandani. Riuscirà il professor Brandani a salvare Ceccuzzi e a rimettere in pista Luigi Berlinguer nella scena politica senese? Com molta umiltà mi sento di affermare che il Senni più che utile è un voto inutile. Consigliamo altrettanta umiltà al Brandani. Ho letto con molta attenzione l’intervista di oggi al dirigente dell’UDC Paolo Giuliani, con la quale prende le distanze dal voto espresso dal Senni e mi sono fatto un’idea precisa: il Senni sta conducendo l’UDC senese nel baratro. Ma con molta probabilità il fedelissimo del Brandani, l’ex berlusconiano De Santi, non tarderà a prendere posizione per rassicurare il Senni e soprattutto il Ceccuzzi. E questa sarebbe la novità della discontinuità politica ceccuzziana? Per il Brandani e Luigi Berlinguer ovviamente sì, e per gli elettori di tutti gli schieramenti? Consigliamo molta umiltà e senso della misura. In tempi non sospetti la strategia del Brandani avrebbe consentito al De Santi di entrare nella deputazione della fondazione. Nei tempi sospetti, come oggi, con molta probabilità sia il De Santi che il prode Senni rischiano di restare a piedi. Consigliamo molta umiltà e una riflessione di redenzione.

 Maestro James

Questi Uffici illustrano ai cittadini come funziona il Commissariamento del Comune e notificano le procedure sui bilanci consuntivi. Smettetela con le mistificazioni

Questi Uffici, si sono permessi di preparare questo schema per meglio rappresentare quello che sta succedendo in Consiglio Comunale nella discussione tra le varie forze politiche. Si mettono in giro molte informazioni sbagliate con l’intento di creare confusione e generare in questo modo preoccupazioni infondate. Meglio all’ora andare alla fonte e permettere ai cittadini di farsi una propria idea. Come quella sul commissario straordinario che non comporta nessuna aggiunta di aggravio per il bilancio (come dimostra il testo di legge), non vengono messi in discussione i servizi al cittadino(come paventa la CGIL di Guggiari, solo per fare propaganda) e che lavora per un termine determinato coadiuvato da una giunta di tecnici per predisporre, oltre alla normale gestione dell’ente, le nuove elezioni amministrative. Un’ulteriore aspetto deve essere sottolineato: le modifiche al bilancio di previsione devono e possono essere fatte al momento dell’assestamento di bilancio, quindi, nel nostro caso a settembre dello stesso anno, cioè del 2011. In quel momento la giunta Ceccuzzi poteva intervenire sul bilancio predisposto dalla giunta Cenni, nel concreto da Massimo Bianchi, e non al momento del consuntivo aprile 2012. Di fatto con il passaggio del settembre 2011 la giunta Ceccuzzi approva e fa proprio il bilancio Bianchi, perché non lo ha fatto era il momento giusto? Ci siamo sforzati nelle evidenziazioni fatte e sotto riportate, di dimostrare che le risorse della Fondazione concesse nell’aprile 2012 non possono andare ad incidere sul bilancio del 2011. Lo schema che la giunta ha portato in consiglio comunale e che non è stato approvato non può essere modificato e chi ha votato no la prima volta, si presuppone, che non possa che riconfermare il voto precedente perché nulla può essere cambiato. La giunta deve riconfermare lo schema di bilancio precedente. Volerlo riportare in consiglio comunale ha solo uno scopo, quello della verifica politica. E come tale deve essere interpretato dai consiglieri comunali: come una verifica politica.
Questi Uffici, intendono consigliare maggiore prudenza e di seguito i riferimenti legislativi utili per sgombrare il campo dalle baggianate raccontate in questi giorni, come ad esempio la cretinata che se arriva il commissario il Comune “perde 2 milioni e mezzo di euro. Questi Uffici ribadiscono che arriva il Commissario e non il capo dei dissestatori. Di dissestatori ce ne sono fin troppi in giro.

TUEL 267/2000
Attenzione deve trattarsi dello stesso schema di bilancio già licenziato dalla Giunta. Quindi se qualcuno cambia idea e lo vota in seconda seduta, approva un documento con le stesse irregolarità che sono state denunciate in prima seduta. Quindi la previsione dei 20 giorni al comma 2 sembra essere riservata, come dire, solo alle crisi di natura politica e non alle vere irregolarità quali sono quelle per le quali anche parte della maggioranza ha votato contro.

Articolo 141
Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali

1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonche’ per gravi motivi di ordine pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purche’ contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della meta’ piu’ uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell’organo assembleare per impossibilita’ di surroga alla meta’ dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo nomina un commissario affinche’ lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo e’ data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento e’ allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell’adozione del decreto di scioglimento e’ data immediata comunicazione al Parlamento. Il decreto e’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessita’, puo’ sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un commissario per la provvisoria amministrazione dell’ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, agli altri enti locali di cui all’articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma e’ disposto con decreto del Ministro dell’interno.

Per poter iscrivere a rendiconto le risorse FMPS queste dovevano aver seguito l’iter dell’entrata previsto dal TUEL – Articolo 178 e 179 accertamento, riscossione e versamento e non basta una lettera di “certificazione”. Trattasi semmai di entrate accertate e non riscosse quindi residui.

Articolo 178
Fasi dell’entrata

1. Le fasi di gestione delle entrate sono l’accertamento, la riscossione ed il versamento.

Articolo 179
Accertamento

1. L’accertamento costituisce la prima fase di gestione dell’entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da incassare, nonche’ fissata la relativa scadenza.
2. L’accertamento delle entrate avviene:
a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge;
b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell’utenza, a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico;
c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell’assunzione del relativo impegno di spesa;
d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi specifici.
3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l’entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l’idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilita’ dell’ente.

La riscossione di fatto ad oggi non c’è

Articolo 180
Riscossione

1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell’entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all’ente.
2. La riscossione e’ disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla convenzione di cui all’articolo 210.
3. L’ordinativo d’incasso e’ sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di contabilita’ e contiene almeno:
a) l’indicazione del debitore;
b) l’ammontare della somma da riscuotere;
c) la causale;
d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e) l’indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui e’ riferita l’entrata distintamente per residui o competenza;
f) la codifica;
g) il numero progressivo;
h) l’esercizio finanziario e la data di emissione.
4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell’ente, la riscossione di ogni somma versata in favore dell’ente anche senza la preventiva emissione di ordinativo d’incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne da’ immediata comunicazione all’ente, richiedendo la regolarizzazione.

Le risorse della FMPS non sono state versate

Articolo 181
Versamento

1. Il versamento costituisce l’ultima fase dell’entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell’ente.
2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell’amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria dell’ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilita’.

Se le risorse della FMPS sono state promesse e certificate, trattasi semmai di entrate accertate e non riscosse, quindi residui attivi che vanno a definire il risultato di amministrazione ma non entrano nella gestione (artt. 178-179-186).

Articolo 186
Risultato contabile di amministrazione

1. Il risultato contabile di amministrazione e’ accertato con l’approvazione del rendiconto dell’ultimo esercizio chiuso ed e’ pari al fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi.

Il rendiconto non è atto ereditato da questa amministrazione ma ampiamente condiviso. Diversamente avrebbero potuto prendere le distanze in occasione della delibera di salvaguardia e dell’assestamento a settembre 2011 e a novembre 2011.

Articolo 193
Salvaguardia degli equilibri di bilancio

1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico.
2. Con periodicita’ stabilita dal regolamento di contabilita’ dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare da’ atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all’articolo 194, per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione e’ allegata, al rendiconto dell’esercizio relativo.
3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l’anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilita’, ad eccezione di quelle provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonche’ i proventi derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4. La mancata adozione, da parte dell’ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo e’ equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2 del medesimo articolo.

Articolo 175
Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione.

1. Il bilancio di previsione puo’ subire variazioni nel corso dell’esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che nella parte seconda, relativa alle spese.
2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell’organo consiliare.
3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
4. Ai sensi dell’articolo 42 le variazioni di bilancio possono essere adottate dall’organo esecutivo in via d’urgenza, salvo ratifica, a pena di decadenza, da parte dell’organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se a tale data non sia scaduto il predetto termine.
5. In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione adottato dall’organo esecutivo, l’organo consiliare e’ tenuto ad adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre dell’esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata.
6. Per le province, i comuni, le citta’ metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi tre titoli. Per le comunita’ montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli.
7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza.
8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall’organo consiliare dell’ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del pareggio di bilancio.
9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all’articolo 169 sono di competenza dell’organo esecutivo e possono essere adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.

Due parole anche sul bilancio di previsione su cui poggia l’approvazione del consuntivo.
Dove sarebbero state previste le entrate della FMPS nel bilancio di previsione?A finanziare le spese correnti?E poi non ci troviamo forse di fronte all’impossibilità di approvare un rendiconto veritiero proprio perché anche il bilancio di previsione veritiero non era?

Articolo 162
Principi del bilancio

1. Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l’anno successivo, osservando i principi di unita’, annualita’, universalita’ ed integrita’, veridicita’, pareggio, finanziario e pubblicita’. La situazione corrente, come definita al comma 6 del presente articolo, non puo’ presentare un disavanzo.
2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3. L’unita’ temporale della gestione e’ l’anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale termine non possono piu’ effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell’esercizio scaduto.
4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione finanziaria e’ unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in bilancio.
5. Il bilancio di previsione e’ redatto nel rispetto dei principi di veridicita’ ed attendibilita’, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
6. Il bilancio di previsione e’ deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell’entrata e non possono avere altra forma di finanziamento, salva le eccezioni previste per legge. Per le comunita’ montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate.
7. Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all’articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalita’ previste dallo statuto e dai regolamenti.

La questione del dissesto è a sé rispetto alla fase del commissariamento è semmai successiva.

Articolo 244
Dissesto finanziario

1. Si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non puo’ garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalita’ di cui all’articolo 193, nonche’ con le modalita’ di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste.
2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.

Articolo 245
Soggetti della procedura di risanamento

1. Soggetti della procedura di risanamento sono l’organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell’ente.
2. L’organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
3. Gli organi istituzionali dell’ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto.

Articolo 246
Deliberazione di dissesto

1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario e’ adottata dal consiglio dell’ente locale nelle ipotesi di cui all’articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non e’ revocabile. Alla stessa e’ allegata una dettagliata relazione dell’organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che hanno provocato il dissesto.
2. La deliberazione dello stato di dissesto e’ trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutivita’, al Ministero dell’interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell’organo di revisione. La deliberazione e’ pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana a cura del Ministero dell’interno unitamente al decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell’organo straordinario di liquidazione.
3. L’obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi dell’articolo 141, comma 3.
4. Se, per l’esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, e’ stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l’intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l’ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall’articolo 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto puo’ essere validamente adottata, esplicando gli effetti di cui all’articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell’organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell’ente, sono differiti al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui e’ stato deliberato il dissesto. Ove sia stato gia’ approvato il bilancio preventivo per l’esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.
5. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell’organo di revisione di cui al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2, si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal 25 ottobre 1997.

Articolo 247
Omissione della deliberazione di dissesto

1. Ove dalle deliberazioni dell’ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l’organo regionale di controllo venga a conoscenza dell’eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all’ente e motivata relazione all’organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.
2. Ove sia ritenuta sussistente l’ipotesi di dissesto l’organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto.
3. Decorso infruttuosamente tale termine l’organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto.
4. Del provvedimento sostitutivo e’ data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell’ente, ai sensi dell’articolo 141.

Articolo 248
Conseguenze della dichiarazione di dissesto

1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 261, sono sospesi i termini per la deliberazione del bilancio.
2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte dell’ente, o la stessa benche’ proposta e’ stata rigettata, sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l’ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell’ente e le finalita’ di legge.
4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa gia’ erogate non producono piu’ interessi ne’ sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidita’ ed esigibilita’.
5. Fermo restando quanto previsto dall’art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze, e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo e’ diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l’amministratore e’ stato riconosciuto responsabile.

Articolo 249
Limiti alla contrazione di nuovi mutui

1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all’emanazione del decreto di cui all’articolo 261, comma 3, gli enti locali non possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall’articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o delle regioni.

Articolo 250
Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento

1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell’ipotesi di bilancio riequilibrato di cui all’articolo 261 l’ente locale non puo’ impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente previste nell’ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi. L’ente applica principi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria e mantenere la coerenza con l’ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso.
2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell’ultimo bilancio approvato mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la giunta con i poteri del primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell’ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all’esame dell’organo regionale di controllo, sono notificate al tesoriere.

Articolo 251
Attivazione delle entrate proprie

1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutivita’ della delibera il consiglio dell’ente, o il commissario nominato ai sensi dell’articolo 247, comma 1, e’ tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell’ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonche’ i limiti reddituali, agli effetti dell’applicazione dell’imposta comunale per l’esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto.
2. La delibera non e’ revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso di mancata adozione della delibera nei termini predetti l’organo regionale di controllo procede a norma dell’articolo 136.
3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l’organo dell’ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato.
4. Resta fermo il potere dell’ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalita’, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3, nonche’ di deliberare la maggiore aliquota dell’imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio.
5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell’organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione e’ fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali presso il Ministero dell’interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali.

Di Questi Uffici, Cesare Mori

Editoriale redazionale. Rompere la nassa e voltare pagina per il bene della città

I riflettori si sono accesi da circa un anno su Ceccuzzi. L’ombra del manovratore politico che in tutti questi anni ha nascosto l’operato dell’attuale primo cittadino si è dissolta. E finalmente il personaggio appare in tutta la sua dimensione, la cui portata e la caratura sono ormai sotto gli occhi di tutti e non solo a Siena. Il giudizio non può che essere di sorpresa per le aspettative che aveva generato in relazione ai risultati ottenuti. Esito a dir poco scarso sia negli aspetti amministrativi che in quelli politici con una unica nota di rilievo: l’incapacità a comunicare! Il Ceccuzzi si rivela in tutta la sua dimensione e rende palese anche ciò che è successo all’ombra della gestione politica. Terra bruciata fatta nei confronti degli avversari politici, riconoscimento agli amici, controllo ossessivo, uso dell’ arma punitiva sul piano personale con un unico obiettivo fare il sindaco. Se si dovesse fare il paragone con gli attuali avversari del chianino si potrebbe notare una differenza almeno sul piano umano. I Monaci come minimo riescono a trasmettere una parvenza di umanità che forse proviene dalla loro dimensione cattolica, sconosciuta all’attuale sindaco. Non mi interessa giocare alla partita della dualità che è di moda in questo momento a Siena come se tutto potesse essere giocato nel confronto fra una delle due parti. Perché indipendentemente da come andrà a finire, la partita ha già segnato uno spartiacque non più recuperabile. Avendo avuto un solo merito quello di far emergere e di mettere sotto gli occhi di tutti i collaterali, quelli che hanno permesso di perpetuare questo sistema nascondendosi nelle pieghe della società senese: uno per tutti il Senni. Il terzo in questo caso c’è, come sempre in politica. E si chiama una nuova stagione per la città. Soltanto chi sarà capace di misurarsi con questa possibilità sara vincente. E vincerà chi saprà fare un passo indietro e rinunciare ai propri privilegi a favore di un ampio schieramento di forze per il bene di Siena. Del resto quello che succederà dopo le prossime elezioni, quelle del 6 maggio, non é a oggi conoscibile se non che nulla rimarrà come prima. A quel punto i tatticismi del professor Brandani o le acrobazie del Marzucchi, le giravolte esistenziali del De Gortes a poco serviranno perchè si dovranno misurare con un elemento nuovo, l’antipolitica. Che a Siena dopo lo sfascio rappresentato da questa politica troverà un terreno fecondo. Il problema non saranno soltanto i dipendenti del Monte che francamente poco hanno di che preoccuparsi ma il fatto che l’azzeramento delle capacità della Fondazione comporterà una crisi durissima sul terreno economico. Lo sconvolgimento sta già interessando l’occupazione a partire da quella collaterale agli enti locali, al prezzo delle case, costruite in grande eccesso, agli affitti, al tessuto economico diffuso della città e della provincia. Sommando i due effetti, quello dell’antipolitica con la crisi senese, che poi a rigor di logica è una sola, si determina che soltanto una nuova stagione politica potrà ancora motivare i senesi e dare loro fiducia nel futuro. Ma ve li immaginate i Ceccuzzi, i Marzucchi, i De Gortes o i Tacconi con i Mugnaioli i Cortonesi, i Guideri, i Nannizzi, i Fedi e tutto il circo Barnum che vanno a chiedere i voti dopo tutto quello che è successo? Suvvia aria nuova! Nel mentre dobbiamo assistere alle solite piccole bugie in salsa politichese. Come ad esempio che un commissario comporterebbe un ulteriore disavanzo di due milioni e mezzo di euro per il comune così come fa trapelare il super vicesindaco l’uomo adatto (inadatto) per tutte le stagioni. Il patto di stabilita non ha nulla a che vedere con il commissario che avrebbe come unico compito, per un termine molto determinato, di preparare le nuove elezioni amministrative. O i pellegrinaggi dalla Mugnaini a cui non viene risparmiato nulla neppure il pianto pro franchino della Anna Carli. O le affermazioni della Rosaria Bindi, famosa per la battuta di Berlusconi che ne farà un personaggio storico, che non teme nulla convinta com’è che tutto resterà come prima anche in caso di elezioni, con una unica variante, chissà se resterà il PD? Mettendo un cappello da parte della senese di fuori le mura, rimarcato questo aspetto dalla Rosaria quasi come fosse un elemento di distinzione e di merito, sul presidente Profumo che poco aiuta, in questo momento, i vertici della banca.
Ultima considerazione per chi pensa che tutto il problema fosse il Mussari e non il sistema Siena che lo ha assecondato. Se fosse così non si spiegherebbero le ripercussioni che ricadono sul sistema politico dopo l’uscita dell’ex presidente della Banca senese che sarebbe dovuta passare quasi inosservata secondo la tesi di un unico colpevole. É questo sistema che genera patologia e ne saranno coinvolti gli stessi “nuovi” protagonisti tanto considerati da parte dello stesso Ceccuzzi come Andrea Milani o Aldo Berlinguer o qualche figura femminile che collateralmente lavora nell’ombra. C’è solo un modo per uscire dalla nassa, romperla!

Ester Cicala. Tutti politici (o politicanti) e nel contempo banchieri e nominati nei cda

Prendi questa mano zingara, cantava Iva Zanicchi. Prendi una poltrona, canta il coro del “sistema Siena”. Tutti x uno e uno su tutti e il gioco è fatto. Li vedi girellare in questi giorni e a lamentarsi della possibile crisi del Ceccuzzi. Tutti affranti e preoccupati, per la città? No, per loro stessi. E sarebbe anche il caso che la smettessero coloro che stanno raccontando in giro un monte di cretinate del tipo” se non passa il bilancio il comune perde 2 milioni e mezzo di euro” o “con il commissario il palio non si corre” e via discorrendo con le cazzate. Gli unici che rischiano con il commissariamento sono i poltronati e le ambizioni del Marzucchi e quelle dei nani da giardino stiglianesi. Nani dissestatori e arroganti. Si diceva delle poltrone. Nel consiglio della MPS France oltre all’economista di Castiglioni Antonio Degortes, a suo tempo sempre nel cda, è stato nominato Stefano Bruzzesi(parente di Lamberto Dini) e attuale responsabile enti locali del PD regionale. Una nomina voluta da Andrea Manciulli. La famosa separazione tra incarichi di partito e nomine in banca. E poi quelli del PD fanno finta di non avere avuto nessun ruolo nella gestione della banca. Un altro degli economisti nominati nel cda di banca Antonveneta è Mauro Rosati(quello che riscuote anche in Qualivita). Per non far mancare niente a Luigi, il PD ha nominato, sempre in Antonveneta il luminare del campo delle idee Aldo Berlinguer. E per non scontentare i birrai in uno degli ultimi cda della banca MPS, prima dell’arrivo di Profumo, hanno visto bene di riconfermare nel cda di Acque Blu Fiorentine Spa ,Aldo Pannini, quello che era candidato nella lista dei Riformisti in quota birrai. Di questa riconferma i vertici dei Riformisti non sapevano nulla ma i birrai ovviamente si.Doveva entrare in consiglio comunale ma Francesca Mugnaini è stata piu’ vispa dei birrai banchieri. Cosi per ricordare la discontinuità ceccuzziana in politica e nelle nomine. Un’altra che non ha perso occasione di mettere il cappello politico sulla nomina di Profumo è Rosaria Bindi da Sinalunga, sodale di Luigi Berlirguer e referente politica di un altro luminare delle banche nominato nel cda di MPS France, Luca Fiorito. Rosaria ha messo in evidenza che Profumo è anch’esso vincolato dalla politica, cosi come risulta chiaro il ruolo di Massimo “Bingo” D’Alema che nei giorni delle nomine della banca ha pranzato con Marco Turchi.Come dice Rosy Bindi: oggi la banca è svincolata dalla politica. Ciao Rosaria.

Maestro James è stato a pranzo a Bologna con un luminare di quelli seri della città dotta

Raccontiamo una storia e qualcuno farebbe bene a riflettere bene se continuare o levare le tende. Da un articolo di Repubblica, cronaca bolognese. Sia chiaro: è solo l’inizio. E non ci venite a dire se è una minaccia: è consiglio “fraterno”.

BANCA ROSSA BANCA ROTTA
06 novembre 1992 —   pagina 20   sezione: AFFARI & FINANZA
Bologna DALLA FINANZA rossa alla finanza in rosso? L’ interrogativo dà i brividi alla Lega delle Cooperative, ai massimi vertici come ai soci che sudano in fabbrica o fanno la spesa al supermercato e poi versano i quattrini in quello straordinario salvadanaio che è il “prestito sociale”. La Lega delle Coop non vorrebbe dare la martellata sul ‘ porcellino’ , ma la facenda è seria e di quattrini cash da qui a qualche mese al gigante ne serviranno molti. Unifin, la finanziaria di controllo di Unipol e holding degli affari della Lega, ha accusato perdite per 28 miliardi e 600 milioni, Unipol che resta il gioiello di famiglia ed è in buon attivo avrà bisogno a breve di una ricapitalizzazione dopo quella già avvenuta nei mesi scorsi, Fincooper raccoglie tanti soldi ma ha utili risicati e infine è venuta la brutta batosta di Banec, la banca della Lega. Dopo quattro anni di stentata esistenza si trova con un buco nei conti che le stime più ottimistiche fanno assommare a 35 miliardi. In tempi di ristrettezze per tutto il sistema Lega (il presidente Giancarlo Pasquini è costretto ad annunciare tagli di personale nella struttura politico-sindacale nazionale perché i soldi non bastano a pagare gli stipendi a tutti i funzionari) non c’ è da stare allegri tant’ è che per la prossima settimana è già in programma a Roma una riunione ad altissimo livello e super riservata tra i dirigenti della Lega delle regioni dove le coop contano di più (Emilia, Toscana, Lazio) e i responsabili delle aziende finanziarie della galassia rossa. Ordine del giorno bartaliano: l’ è tutto sbagliato, l’ è tutto da rifare. E da quel che si capisce lo scontro sulle faccende della finanza della Lega rischia di trasformarsi in un nuovo potente e sotterraneo braccio di ferro per il potere, quasi una riedizione della tormentata successione a Lanfranco Turci al termine della quale l’ ha spuntata Giancarlo Pasquini, uomo di finanza, in dispetto ad una parte delle potentissime coop di consumo (supermercati) che sono però anche l’ ufficiale pagatore della Lega. E il canovaccio sul quale si recita il “dramma” della finanza è rimasto lo stesso: da una parte chi crede nella finanza come settore autonomo, dall’ altra chi la vuole come servizio. A riaccendere lo scontro è stata proprio la disavventura della Banec presieduta fin dalla fondazione, nell’ 87, da Pietro Verzelletti, già consigliere del San Paolo di Torino, intimo di Diego Novelli, esperto di finanza prima del Pci e poi del Pds dove è considerato uno dei “maitres a penser” dell’ ala migliorista, e soprattutto l’ ingegnere della finanza rossa in versione Turci. Verzelletti aveva promesso per la Banec un rapido sviluppo. A conti fatti la banca, che ha sede in un palazzo di proprietà Unipol davanti alla stazione di Bologna, si trova con 6 sportelli, 400 miliardi di raccolta indiretta, 135 miliardi di raccolta diretta, un utile (bilancio ‘ 91) di mezzo miliardo e ora ha un grande futuro dietro le spalle. La situazione è precipitata a giugno quando la dirigenza della banca si è accorta che con le operazioni in titoli effettuate continuava a perdere. Il rimedio è stato tentare operazioni d’ indebitamento in valuta per lucrare sul differenziale d’ interessi tra lira e marco. L’ ipertrofia della moneta tedesca ha finito per strangolare del tutto la banca. Risultato: il 14 ottobre scorso Pietro Verzelletti ha annunciato le dimissioni da presidente, con lui sono usciti il direttore generale Gilberto Sbrighi e il tesoriere Stefano Rivalta. Verzelletti ha fatto capire: me ne vado vittima innocente. In consiglio di amministrazione non ha trovato uno straccio di solidarietà, anzi è partita un’ ispezione per vedere se presidente, direttore generale e tesoriere non abbiano responsabilità che da semplice negligenza si siano trasformate in violazioni ai codici. I conti non sono ancora stati fatti del tutto ma si sa che solo a causa delle operazioni in titoli la banca dovrà accusare un passivo di 15-17 miliardi; per le operazioni in futures la perdita stimata va da altri 16 miliardi fino a possibili 30 miliardi. Un buco pesantissimo che costringerà la banca ad una ricapitalizzazione per 50 miliardi come minimo. E a corollario di tutto ciò si fa notare che le operazioni svolte dalla dirigenza Banec hanno travalicato di cinque, sei volte quanto autorizzato dal consiglio di amministrazione: 800 miliardi contro 140. Un consigliere d’ amministrazione in questi giorni fa notare: “Lì non poteva che finire così, gestivano la banca come una finanziaria: così non può durare”. Il consigliere per quanto anonimo è dirigente di sicuro peso e come lui la pensano in molti tant’ è che ora a presiedere Banec c’ è Mario Zucchelli che era sì vicepresidente ma che è soprattutto espressione del ‘ partito delle cooperative di consumo’ . Quelle coop che sono stanche di dover intervenire a ricapitalizzare attingendo dai loro serbatoi di liqudità: le casse dei supermercati e il prestito da soci. Anche perché l’ altra via d’ uscita per Banec sarebbe la fusione con Cooperbanca, un istituto di credito reggiano presieduto da Livio Spaggiari, cooperatore doc di Reggio. Il capitale di Cooperbanca (2 mila miliardi di raccolta, 25 sportelli nell’ Emilia nord) è per il 40% in mano alla Lega (una piccola quota è delle coop bianche) ma il resto è dei privati. Nel caso di fusione con Banec, per cedere le loro quote, i privati che chiedono un prezzo assai salato per le loro azioni, scambiate ora a circa 43 mila lire ma che si potrebbero acquistare da parte delle coop a circa 85 mila lire. Un operazione da 100 miliardi per la Lega che però una volta risanata Banec, avrebbe almeno una banca regionale in Emilia-Romagna. Ma solo per ricapitalizzazione e coprire il buco di Banec la Lega ha in preventivo già 80 miliardi di esborso. E questo non è che uno dei punti caldi della strategia finanziaria del Gigante rosso. A metterla in ordine toccherà a Giovanni Consorte, amministratore delegato di Unipol e di Unifin, considerato il nuovo stratega della finanza rossa. La vicenda più complicata è stata quella di Unifin che si è trovata con un buco da 28,6 miliardi in bilancio provocato dalle perdite di alcune controllate impegnate nel parabancario: Ifiro (è rimasta anche nel crack Ifip), Leasing Macchine e Comunicazione Italia. Oltretutto per la prima volta nella storia della Lega si è avviato un procedimento in sede civile contro uno degli ex amministratori Gilberto Pazzeschi. Ma questo “incidente” ha significato per Unifin ricapitalizzare, sospendere la quotazione in Borsa e forse ripensare il proprio ruolo. Ma ora altri problemi si affacciano all’ orizzonte: il Fincooper (la grande cassaforte delle cooperative) deve decidere che fare di Finec, la merchant bank della Lega e in più c’ è l’ esigenza di rafforzare l’ Unipol per la quale si prevede nella prossima primavera una ricapitalizzazione dell’ oridne di 300 miliardi. A conti fatti nel settore finanziario la Lega dovrà impegnare da qui al ‘ 94 una cifra che non si discosta da 500 miliardi e tutto ciò a fronte dell’ esigenza di una profonda razionalizzazione del settore ma anche di una spaccatura sempre più evidente tra chi sostiene che la Lega deve fare finanza e chi invece vorrebbe chiudere questo capitolo. Qualcosa però sembra già deciso. Unifin (da presidente si è dimesso Pasquini facendo posto a Gastone Notari) potrebbe tornare ad essere soltato la finanziaria di controllo di Unipol. Alla compagnia di assicurazione tornebbe tutto il settore immobiliare mentre il parabancario ora gestito da Unifin sarebbe dirottato su Banec e Fincooper che dovrebbero diventare il vero polo creditizio della Lega. Tutto ,com’ è ovvio, per allontanare il rosso: se è nei bilanci quel colore non piace neppure alla Lega.

Perle di scompostezza

Scomposti 1: i politici e banchieri senesi Antonio Degortes e Mauro Rosati sono usciti allo scoperto. Avevamo lanciato solo ieri lo scoop che il Degortes (banchiere e politico del centro sinistra oggi; ieri politico del centro/destra/sinistra/di lato/di sopra/di sotto e se ci siamo dimenticati qualche collocazione ce ne scusiamo fin da ora, ma comprenderete che non è facile) stava già preparando una sua lista di sostegno al Ceccuzzi (se ancora non fosse chiaro, Siena tornerà a votare per il Sindaco; non sappiamo se Ceccuzzi si ricandiderà anche perché avrebbe dichiarato che una volta caduto dal ruolo di primo cittadino sarebbe tornato al suo “lavoro”, ma nell’incertezza che cambi idea e si ricandidi il Degortes si è già messo a lavoro) che oggi, sul Corriere di Siena Mauro Rosati (che ricordiamo è stato nominato banchiere all’Antonveneta) e lo stesso Degortes scendono ufficialmente in pista a sostegno di Ceccuzzi.
Avviso ai naviganti, pare che il capolista della lista a sostegno di Ceccuzzi potrebbe essere lo stesso Antonio Degortes.

Scomposto 2: anche se le affermazioni di Ceccuzzi meriterebbeo un’apposito spazio dal titolo “La rubrica dell’incredibile” per adesso gli concediamo solo questo breve spazio. Oramai ci siamo abituati a sentirgli dire di tutto, ad arrampicarsi nei meandri più oscuri della discontinuità soprattutto quella da se stesso e dalla sua lunga storia politica in terra senese. Se uno non lo conoscesse e lo sentisse parlare, sarebbe autorizzato a pensare che il signor Ceccuzzi in tutti questi anni abbia vissuto nella bassa bergamasca. Invece, no. Ha sempre zampettato da queste parti. E lo ha sempre fatto da politico. Quindi se avesse un sussulto di dignità, parole come ‘discontinuità’ e cambiamento farebbe bene a non pensarle nemmeno. A meno che non abbia deciso di uscire lui per primo dalla scena pubblica.
Il nostro uomo arrivato da Marte ancora una volta ha voluto regalarci una nuova perla della sua sconfinata saggezza. Sentite un pò le dichiarazioni di Ceccuzzi riportate dal Corriere Fiorentino del 1 maggio “Ci sono stati anni che potremo definire di ‘boriosa autosuffcienza’, confortata, per altro, da ingenti disponibilità che ha finito per aumentare le distanze tra la città e la Toscana”. Ci dica, Ceccuzzi, chi avrebbe autorizzato a tenere questa “boriosa autosufficienza” se non la politica da sempre condotta da lui stesso? Come mai Ceccuzzi se ne accorge solo ora? Dove è stato fino ad oggi?
Le affermazioni di Ceccuzzi cominciano ad essere tanto irrispettose verso la realtà senese quanto gravi in termini assoluti. Prima dice che della banca non c’è più niente da depredare; ora parla di “boriosa autosufficienza” immaginiamo anche nelle scelte.
Ceccuzzi, vuole davvero la discontinuità ? Allora faccia i nomi e i cognomi.