I rumours si inseguono tra Milano e Torino e tra Madrid e Bologna e le indiscrezioni dai salotti della City londinese arrivano nei salotti Oltretevere. Dopo diversi nomi circolati come ipotesi per la presidenza della banca MPS al posto dell’uscente Giuseppe Mussari, ecco spuntare il nome del banchiere Carlo Salvatori (classe 1941) per la presidenza del gruppo bancario MPS. Rumours, indiscrezioni sbagliate (forse per un errore di traduzione dall’inglese all’italiano) o la quadratura del cerchio?
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Per la presidenza di MPS potrebbe arrivare Carlo Salvatori???
Febbraio 2nd, 2012 — Note redazionali
L’amore ai tempi dei fiorini
Febbraio 1st, 2012 — Note redazionali
Come molti dei nostri lettori già sanno, la redazione di Fratello Illuminato si occupa anche di ricerche di libri dei secoli passati. Anche se non godiamo dei finanziamenti degli enti, il nostro gruppo editoriale, grazie al voto favorevole degli azionisti, inserisce nel bilancio le somme per la nostra redazione destinate per l’attività di ricerca. Oggi siamo nelle condizioni di annunciare al mondo letterario la scoperta di un libro del 1267: un libro destinato al successo di pubblico. Il libro scritto da un certo Cittone Da Bozzino è ambientato nella contea di Bambagia e racconta di una storia d’amore ai tempi dei fiorini. Il fiorino come molti sanno è una moneta coniata a Firenze nel 1252, una sorta di dollaro dell’epoca. Anticipando di secoli il libro “L’amore ai tempi del colera” di Marquez, il nostro autore Cittone Da Bozzino scriveva “L’amore ai tempi dei fiorini”. Dalla lettura del libro si evince che il testo è autobiografico: narra la storia di amore tra lo stesso Cittone e la governante, una certa Cristona Da Cerronia, del visconte dimezzato. Facciamo un breve riassunto del capitolo VI, poi nei giorni che verranno pubblicheremo il testo integrale.
Capitolo VI- Breve riassunto
Come tutti gli anni, il visconte dimezzato, organizzava un premio campestre mettendo in palio delle somme in moneta: in fiorini d’oro naturalmente. Al premio del 1266 all’insaputa del popolino partecipò al premio anche Cittone Da Bozzino. Erano in pochi quelli che sapevano della storia d’amore tra Cittone e la governante del visconte. Alla conclusione delle competizioni, tra i premiati dal visconte c’era appunto Cittone. Era un bel premio per l’epoca: Cittone aveva vinto 12.000 fiorini d’oro, ai quali si erano aggiunti i premi dei visconti delle altre contee; ben 2.500 fiorini extra da un visconte ben piazzato e altri 6.000 fiorini dalla locale Cassa del Foraggiamento (una sorta di banca dell’epoca). La sera alla conclusione del premio sotto una luna dimezzata i due piccioncini tra un bacio e una toccatina, ridacchiavano alle spalle del popolino. Si sentivano fieri per aver goduto di fiorini d’oro mentre il popolino soffriva per le gravi condizioni economiche. Ma l’amore trionfò. Ed era un amore ingordo: non solo di baci, ma anche di fiorini.
Editoriale del Maestro James. Tra una gru ferma, i mendicanti pendolari e l’opposizione in ferie, godiamoci la neve come segno di discontinuità
Febbraio 1st, 2012 — Note redazionali
Pur esprimendo disappunto per il ritardo da parte del sindaco Ceccuzzi nel decidere la chiusura delle scuole, un plauso ai dipendenti comunali per la gestione dell’emergenza neve credo sia giusto farlo e quindi riconoscere la prontezza della macchina comunale. Di tutte le discontinuità professate in questo periodo, che poi non si sono tramutate in fatti concreti, questa della gestione emergenza neve è l’unica discontinuità registrata. Godiamoci la neve e la discontinuità del momento.
Anche un’altra discontinuità merita un menzione particolare: l’opposizione è in ferie. Ed è paradossale questa situazione: l’opposizione pretende discontinuità dalla maggioranza e nel contempo riescono a discontinuarsi dall’opposizione (lasciamo perdere la giustezza o meno) della precedente amministrazione comunale. Ci sono meno problemi rispetto a prima? No di certo. Ecco perché è sospetta questa discontinuità dell’opposizione. Tutta l’attenzione dei consiglieri comunali di opposizione è concentrata sulle vicende della banca, in particolar modo sulle future nomine. Per carità la situazione della banca e della fondazione MPS è molto delicata e presenta elementi di sofferenza, con la prospettiva di una banca sempre più svincolata dal potere politico locale. Ma dei problemi seri dell’università, dell’ospedale, della crisi lavorativa, prima della fine del mandato l’opposizione riuscirà a trovare il tempo per occuparsene? O forse ci sono dei contatti politici per allargamenti di maggioranza ad alcuni consiglieri di opposizione, per rafforzare la stessa maggioranza o per sostituire con il supporto dell’opposizione i dissensi di alcuni consiglieri di maggioranza? Le astensioni al bilancio di Senni e Laura Vigni e i remi in barca del Corradi sono evidenti segnali di avvicinamento organico alla maggioranza. In questi giorni l’opposizione sbandierava come una conquista sul campo quella di aver ottenuto dal sindaco Ceccuzzi una forte dichiarazione di discontinuità rispetto al passato. Dove, quando? La discontinuità del Ceccuzzi è forte come l’aceto: il Mancini è ben saldo in sella, Il Mussari dovrebbe andar via a scadenza del mandato, sempre che Ceccuzzi e Bezzini non decidano di chiedergli di restare per un altro mandato e tutto il resto è peggio di prima. Godiamoci la neve e la discontinuità del momento. Negli ultimi giorni i grossi gruppi editoriali e alcune televisioni nazionali hanno dedicato articoli e trasmissioni alle vicende senesi, non per parlare male della città ma per mettere in evidenza il crollo di un “sistema e di un modo di gestire il potere”. Di tutti i soggetti intervistati (Piazza Pulita) l’unico che ha fatto una figura decente è stato il portavoce del sindaco, David Taddei: con calma ha illustrato il significato del “buongoverno“. Anche la città nel suo insieme è stata rappresentata egregiamente. Le pessime figure sono state quelle dei politici di maggioranza e di alcuni dell’opposizione. Non mi esprimo sulle dichiarazioni del Mussari, si commentano da sole. Le due peggiori dichiarazioni rilasciate al giornalista Cazzullo (nel video) sono state quelle del consigliere comunale Corradi e del professore universitario Luca Verzichelli. Ma come si fa caro Corradi di fronte a un giornalista che nel 2012 viene a Siena per fare un servizio sulla situazione politica senese, a rilasciare dichiarazioni scagliandosi solamente sugli ex sindaci Cenni e Piccini? Delle responsabilità politiche e amministrative attuali perché voi dell’opposizione perché non ne avete fatto cenno?
Del resto la dimostrazione che la classe dirigente non è all’altezza dei problemi emerge con le dichiarazioni di un professore universitario (preside e membro del senato accademico) di fede riccaboniana che intervistato da Cazzullo rende ancora più forte la convinzione che l’ateneo senese necessita di una svolta veloce nella governance e nella selezione del corpo docente. Le dichiarazioni di questo docente meritano di essere menzionate, anche per capire i motivi della decadenza e del perché all’esterno la classe dirigente è poco autorevole. Il professor Verzichelli in perfetto stile riccaboniano afferma che cittadini di Siena sono tutti “mediamente ricchi” (forse per questo hanno tagliato il salario accessorio ai dipendenti!! Sono “mediamente ricchi”??); poi sempre il professore cita come “indicatore di ricchezza” il fatto che Siena ha “le squadre di calcio e di basket”. I pezzi forti delle dichiarazioni arrivano quando il Verzichelli fa capire che i problemi dell’università senese sono solo “rumours” e che i problemi finanziari sono frutto di “allegre gestioni”, dimenticandosi di dire che ci sono due inchieste: buco finanziario ed elezione del rettore. Poi ha dichiarato che all’università “hanno azzerato tutti i pagamenti in sospeso”. Sarà vero? (verificheremo). Ma secondo questo fine economista il vero indice che dimostra la ricchezza economica presente in città è rappresentato dal fatto che “tutte le mattine sulla Sita Firenze-Siena ci sono tanti mendicanti pendolari diretti a Siena”. Ecco, questa dei mendicanti è veramente un’immagine edificante. Che dire? Forse la città riuscirà a sollevarsi quando la classe dirigente locale smetterà di autoassolversi e negare i problemi. E dopo queste dichiarazioni nessuno si lamenti se poi dall’esterno continuano a tenere gli occhi puntati sulla città. I veri attacchi non arrivano dall’esterno, ma dalla stessa classe dirigente.
Da circa un anno vicino Piazza del Campo c’è una gru ferma: è un’installazione di arte contemporanea, il segno di una crisi o serve per portar via i vertici dell’ateneo? Difficile trovare una risposta. Quando quella gru ritornerà in movimento, forse e sottolineo il forse, si potrà parlare di discontinuità. In attesa godiamoci la neve discontinua.
Maestro James
P.S. il video di Cazzullo http://video.corriere.it/siena-paure-gioiello-rosso/955a740e-4ac9-11e1-bc89-1929970e79ce
Per spirito di servizio avvertiamo che domani 1 febbraio le scuole senesi rimangono chiuse
Gennaio 31st, 2012 — Note redazionali
Visto che le condizioni metereologiche erano previste da giorni potevano anche annuanciarla prima questa faccenda invece che alle 20.36. Forse danno per scontato che tutti abbiano internet e l’iPad, ma siamo spiacenti di avvertire l’amministrazione comunale che non è così. E che comunque all’ora di cena i genitori non stanno su internet, ma danno cena ai figli e a sé stessi.
Comunque domani potete tutti stare a casa, cari scolari.
Come mai il molto onolevole Cliccaboni e la molto condannata dalla Colte dei Conti Fabblo hanno messo la blochule sul sito Unisi anche in cinese?
Gennaio 31st, 2012 — Note redazionali
有什麼奇怪的原因Cliccaboni推非常光榮的,是廣受審計 Fabblo和他的繆斯約蘭達 簡單法院判處把中國的小冊子,在意大利唯一的大學在Unisi?
它是一個問題,肯定能刺激好奇心,或許是由於報告,並與一些有Criccaboni托斯卡納企業家可能?而這一切為什麼,當然是不公開的知識,因為,好了,我們再次談論納稅人的金錢?
請問誰給你的人在乘坐人力車來解釋的東西,可能是在正確的意大利在這方面,?不得把可疑的,但現在我們是如此習慣了這樣的托詞和完全缺乏透明度方面的所有,包括大學器官,即任何對眼睛的跳躍。在這種情況下,它是誠實很難理解這種奇異的原因。也正因為它是在中國大學任教,或有中國學生(大學外國人,是的,但不是在雅典耀)。總之,這一切都非常奇怪。請您:告訴我們!
Il dibattito economico. L’analisi di Luigi Zingales
Gennaio 31st, 2012 — Note redazionali
Dall’irlandese Cowen allo spagnolo Zapatero, dal portoghese Sócrates, al greco Papandreu, per finire a Berlusconi, la crisi del debito sovrano sta falcidiando i capi dei governi dei paesi coinvolti.
Poco importa se di destra o di sinistra, chi governa quando arriva la crisi ne paga le conseguenze.
Uno studio empirico presentato lo scorso fine settimana ai meeting dell’American Economic Association ci dice che queste conseguenze erano facilmente prevedibili. Contrariamente all’opinione prevalente, le crisi finanziarie sono frequenti. Nel periodo 1975-2010 nei 70 principali paesi al mondo ci sono state 448 crisi bancarie e 488 crisi del debito: in media ogni paese ha una crisi bancaria ogni sei anni e una crisi del debito ogni sette.
Gli autori sono stati in grado di isolare alcune interessanti regolarità sulle conseguenze politiche delle varie crisi.
Dopo una generica crisi finanziaria, il partito di maggioranza perde in media il 6 per cento dei consensi. A questa perdita si associa in genere una frammentazione del voto, sia nella coalizione di maggioranza sia in quella di minoranza, che rende i governi meno stabili e le riforme più difficili. In questo terremoto elettorale post crisi a perdere sono solitamente i partiti di centro, mentre guadagnano gli estremisti, sia di destra sia di sinistra.
Questa radicalizzazione della politica, che vediamo sia negli Stati Uniti sia in Italia, rende più difficile qualsiasi riforma, proprio nel momento in cui un paese ha il maggior bisogno di riforme.
Ma l’effetto è molto diverso a seconda del tipo di crisi. Dopo le crisi bancarie ad aumentare è l’estremismo di destra, mentre dopo le crisi debitorie a guadagnare consensi è la sinistra radicale. Il motivo è molto semplice. Le crisi bancarie tendono a concludersi con una nazionalizzazione delle banche.
La reazione a questo interventismo fa aumentare consensi alla destra. Per contro, le crisi debitorie creano una forte domanda di remissione (almeno parziale) dei debiti, che trova maggiori consensi a sinistra. Molte delle crisi debitorie analizzate dagli autori, però, sono crisi di debito privato, come quello dei mutui americani e spagnoli, non del debito pubblico.
Un’insolvenza del pubblico è più assimilabile a un’esplosione dell’inflazione, perché entrambe implicano un esproprio forzoso di parte della ricchezza dei creditori.
Storicamente l’effetto politico di una crisi inflazionistica è un forte aumento dei voti dell’estrema destra, come successe nella Germania di Weimar dopo l’iperinflazione degli anni Venti. Se così è, qual è la lezione per l’Italia d’oggi?
Innanzitutto che la speranza che il governo Monti possa portare a termine riforme radicali è forse eccessiva. Nonostante la buona volontà, la radicalizzazione dell’elettorato e del parlamento rende qualsiasi riforma estremamente difficile. Questo aiuta a spiegare i problemi incontrati da Monti anche nei più timidi piani di riduzione dei costi.
La seconda lezione è che Berlusconi è stato molto furbo. Ha passato la patata bollente a Monti al momento giusto, quando ha capito che la risoluzione della crisi non dipendeva più dall’Italia ma dall’Europa e che i nostri partner europei non avevano la capacità (o peggio la volontà) di risolverla. Monti lo sta scoprendo a sue spese.
La sua manovra non è bastata a ridurre lo spread dei nostri titoli pubblici rispetto a quelli tedeschi. Questo rende precaria la posizione del suo governo che ha chiesto al paese enorme sacrifici per salvare l’Italia, ma non è in grado di mantenere la promessa fatta. Nel frattempo il paese, sulla spinta della contrazione fiscale e di quella creditizia, sta entrando in una pesante recessione.
Se la crisi del debito dovesse peggiorare, Berlusconi avrebbe gioco facile ad attaccare il governo da destra, scaricando su di esso la responsabilità della crisi. Posizionandosi come partito anti-europeo e anti-euro, sarebbe in grado di attirare il consenso di quanti sognano una svalutazione per far ripartire le esportazioni. Purtroppo la storia ci insegna che questa strategia riporterebbe Berlusconi al potere con una maggioranza schiacciante.
Luigi Zingales
Il dibattito economico. Proponiamo l’intervento dell’economista Alberto Quadrio Curzio
Gennaio 31st, 2012 — Note redazionali
In giugno ,in seguito a una ipotesi di revisione dell’art. 41 della Costituzione avanzata da Giulio Tremonti, si è aperto un certo dibattito con favorevoli e contrari. Su una tematica più ampia, e cioè quella della Costituzione economica italiana, noi ci siamo intrattenuti spesso da quasi 20 anni anche con due monografie (Noi, l’economia e l’Europa (1996); Sussidiarietà e Sviluppo. Paradigmi per L’Europa e per l’Italia (2002)) che, in un contesto più ampio, hanno discusso di vari aspetti economici della Costituzione italiana confrontata ai Trattati europei. Argomenti che abbiamo ripreso anche in successivi studi.
La grande portata del tema rende difficile ogni sintesi che tuttavia tenteremo. Innanzitutto è noto che dal 1948 molti sono stati i tentativi di modifica della nostra Costituzione e che l’unico di notevole portata riuscito è quello del 2001 sul Titolo V (“Le Regioni, le Provincie, i Comuni”).
Un problema che si è posto da tempo, tra gli altri, riguarda una modifica del titolo III (“Rapporti economici”, artt. 35-47) della Costituzione. In particolare spesso sono sorti interrogativi sugli artt. 41,42,43 della Costituzione al punto che degli stessi si interessò nell’aprile del 1999 anche la Commissione affari costituzionali della Camera avviando un’indagine conoscitiva che poi s’è spenta. A nostro avviso le opinioni sul tema si possono riassumere in tre.
La prima opinione è che una riforma del Titolo III non è necessaria. Per taluni perché la Costituzione è infatti perfetta. Per altri perché la costituzione economica materiale e i Trattati europei, l’ultimo dei quali è entrato in vigore nel 2009, hanno già superato e integrato la nostra Costituzione formale introducendo nel sistema economico italiano quella «economia sociale di mercato» esplicitamente richiamata all’art. 3 del Trattato.
La seconda opinione è che la modifica sarebbe utile (ma non necessaria, per le ragioni europee e di fatto prima dette) per dare una nuova forte spinta ideale al sistema economico e agli operatori per affrontare le sfide del XXI secolo. Questo vantaggio andrebbe tuttavia soppesato con i rischi, non remoti, di pasticciare e litigare (visti i passati tentativi di riforma) su un testo costituzionale che è già stato reinterpretato e integrato dai fatti e dall’Europa.Sarebbe quindi preferibile adeguarsi meglio ai Trattati, che non sempre l’Italia rispetta, senza imbarcarsi in avventure di riforma.
La terza opinione è che la riforma risulta indispensabile subito in quanto l’impronta statal-dirigista della Costituzione frena o addirittura blocca la piena operatività della nostra economia e il nostro sviluppo.
Noi siamo della seconda opinione e riteniamo che oggi il ceto politico dovrebbe dedicarsi a ben altre priorità. Riteniamo però che una Convezione economica Costituente (CEC),composta da non-parlamentari e non-politici, analoga a quella che fu la Commissione economica del Ministero per la Costituente, creata nel 1945, potrebbe essere utile per una riflessione non partitica e non ideologica sia sul Titolo III della Costituzione sia su altri articoli, collocati in altri titoli, tra cui l’art. 53 (sulla capacità contributiva e sul sistema tributario) e l’art. 81(sulle leggi di bilancio). In altri termini su tutta la Costituzione economica a confronto con i Trattati Europei.
Considerato che il tema del federalismo fiscale è già in attuazione, la CEC dovrebbe concentrasi su quello che nella nostra terminologia riguarda il liberalismo sociale o liberalismo comunitario. Con tutto il rispetto e la riconoscenza per i nostri Costituenti , tra i quali vi erano straordinarie personalità che nel tempo d’allora fecero quanto di meglio, l’impronta economica della nostra Costituzione ci pare abbia due sottolineature.
Una è lavorista e inizia all’art. 1 comma primo,che recita «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro», ove “lavoro” appare una soluzione di compromesso rispetto a chi in sede di Costituente voleva un riferimento classista ai ”lavoratori”. Di ben diverso tono e prospettiva è l’art. 2 «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (simile all’art. 1 della “Costituzione” tedesca), che sarebbe stato meglio apparisse al primo comma dell’art 1.
Il tema del lavoro e dei lavoratori è trattato estensivamente negli articoli 3, 35, 38, 43, 46. Vi è un elenco completo sui diritti dei lavoratori, sulle libertà sindacali e sul diritto di sciopero, il cui esercizio avrebbe dovuto essere regolato per legge, il che è accaduto solo dopo decenni e piuttosto debolmente. Tutti diritti importanti che lasciano però un poco in ombra i doveri specifici (le «utilità sociali») che pure contano.
La seconda sottolineatura è dirigista. Al proposito è soprattutto l’art. 43 che colpisce affermando: «A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti, determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».
Da tutto ciò emerge una certa asimmetria tra le imprese che appaiono come soggetti liberi, ma da vigilare e i sindacati dei lavoratori che appaino soggetti da potenziare mentre entrambe meritano di essere soggetti liberi e vigilati, su un piano di parità e responsabilità, in vista dello sviluppo.
Noi non siamo favorevoli né al liberismo libertario, né al liberismo individualista, né al sindacalismo dogmatico, né al sindacalismo corporativo. Crediamo invece in un paradigma europeista del liberalismo sociale o comunitario che combina Istituzioni, Società ed Economia (ove si colloca il mercato) operanti in base a principi chiari di sussidiarietà e solidarietà. Solo così, e valorizzando anche i molti soggetti sociali spesso trascurati o sottovalutati, si può evitare anche la polarizzazione contrappositiva tra Stato e mercato.
È questa un impostazione che probabilmente all’inizio del XXI secolo molti dei nostri Costituenti Repubblicani considererebbero più adatta all’odierna Italia, non sempre sollecita nel recepimento dei Trattati Europei.
Alberto Quadrio Curzio
Una vicenda che ci deve far riflettere
Gennaio 30th, 2012 — Note redazionali
Dal “Fatto quotidiano” del 30.1.2012
Ha emesso sentenze, ha continuato a esercitare come se nulla fosse. Ha inflitto una condanna a un maxi risarcimento da 250mila euro per diffamazione a favore della Diocesi di Siena, dell’arcivescovo Antonio Buoncristiani e dell’economo della CuriaGiuseppe Acampa che Raffaele Ascheri, professore e autore del libro “La casta di Siena”, avrebbe dovuto pagare all’istante. Peccato che il giudice in questione,Giuseppe Cavoto, del Tribunale civile, quando ha pronunciato la sentenza fosse già in pensione. E da un pezzo.
E’ quanto denuncia in un esposto, carte alla mano, il legale di Ascheri, condannato in primo grado dal giudice a riposo. “Vogliamo chiarire un fatto senza precedenti, una sentenza che la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato nulla”, spiega, proprio su queste basi. “Cavoto – scrivono infatti i giudici di secondo grado – risulta uscito dall’ordine giudiziario il 18 maggio 2010”. Mentre la condanna per il docente-scrittore è arrivata molti mesi dopo, il 28 gennaio 2011.
Ma c’è di più. Ci sono altre anomalie, sollevate nell’esposto dell’avvocato Luigi De Mossi. L’autore del libro aveva citato, nel volume oggetto della contestazione, un processo per un incendio doloso alla Curia di Siena e per il quale Acampa era finito nei guai. Acampa successivamente verrà scagionato da ogni accusa. Fin qui nulla di strano. Prima dell’assoluzione del sacerdote, però, il giudice condanna l’autore affermando che “il processo penale a carico di don Acampa si è concluso in data 14 gennaio 2009 con sentenza di assoluzione da entrambi i reati con la formula più ampia e cioè perché il fatto non sussiste”. Ma le date non tornano: il processo per Acampa si chiude solo il 19 luglio 2011 (e tra l’altro le motivazioni ancora, a distanza di mesi, non sono state depositate) e la condanna per Ascheri arriva prima, il 28 gennaio 2011. “Come poteva sapere in anticipo, il giudice – si chiede Ascheri – che Acampa sei mesi dopo sarebbe stato assolto e su queste basi ritenere diffamatorie le affermazioni di un’indagine in corso?”
Il suo legale ha presentato l’esposto sottolineando una lunga lista di “stranezze”. Che ci fosse qualcosa che non tornava dopotutto se ne sono accorti anche i giudici d’Appello, nei giorni scorsi, quando hanno scoperto che, ai passaggi già piuttosto singolari (“la profetica sentenza” come la definisce Ascheri stesso) si somma il fatto che il giudice l’ha pronunciata mentre era in pensione.
E’ partita quindi la corsa agli accertamenti anche da parte di altri legali del foro di Siena, e non solo, che stanno rispolverando vecchi casi, verificando se le condanne inflitte ai loro assistiti sono avvenute in quel lasso di tempo e valutando l’ipotesi di fare ricorso. Da sottolineare infine un’altra “anomalia”, a dire del legale: il risarcimento – per il quale è stata accolta la sospensiva in attesa che sia stabilito se istruire nuovamente il processo in primo grado – è “una cifra senza precedenti”. Si tratta di 90mila euro per Acampa, 70mila per Buoncristiani e 50mila per la Curia. Somma alla quale, come se non bastasse, vanno aggiunte 30mila euro di spese processuali. “Disponendo di ben pochi beni di proprietà, e guadagnando 1400 euro circa al mese – scrisse Ascheri il giorno dopo la condanna – ringrazio il giudice che, evidentemente, mi reputa capace di un’attività lavorativa di ancora un’ottantina d’anni”. Intanto l’esposto sulla sentenza sarebbe stato trasmesso in procura a Genova, competente per le questioni relative a giudici e magistrati.
Lettera aperta alle massime Istituzioni dello Stato e ai vertici della Magistratura
Gennaio 30th, 2012 — Note redazionali
Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti
Al Vice Presidente del Consiglio superiore della Magistratura
Al Presidente del Tribunale di Siena
Correva l’anno 2008 quando è partita l’inchiesta sul buco finanziario dell’ateneo senese; corre l’anno 2012, quindi sono passati quattro anni e ancora nemmeno un processo nei confronti dei responsabili è stato avviato. Anzi, molti dei responsabili del buco sono ancora ai loro posti, compreso un docente di medicina (altra inchiesta) sotto processo. Sono trascorsi quasi due anni da quando è iniziata l’inchiesta sulle irregolarità delle elezioni del rettore senese e anche in questo caso, pur essendo conclusa l’inchiesta, ancora nessun rinvio a giudizio. Era stato sequestrato il fascicolo da parte delle autorità giudiziarie sulla selezione del direttore amministrativo dell’ateneo senese e ad oggi non ci sono notizie sul suddetto fascicolo. E’ stata messa in evidenza in tutte le lingue la situazione drammatica e fuori controllo dell’ateneo senese, ma i vari poteri dello Stato sembrano distratti o disinteressati verso la risoluzione delle problematiche dell’ateneo senese. Ma non è lo Stato il primo ad essere danneggiato dal buco finanziario e dalle elezioni irregolari? Perché dopo 4 ANNI nemmeno un processo è iniziato? La vicenda Astrea SRL e i legami della stessa società con il professore Angelo Riccaboni perché non sono oggetto di una necessaria inchiesta? Come mai i vari organi competenti non si pongono il quesito: perché i Revisori dei conti dell’ateneo esprimono sempre parere negativo alle deliberazioni di Riccaboni e Fabbro? Possibile che i responsabili del buco finanziario di quelle proporzioni siano solo 18 persone? Che cosa impedisce ai giudici di procedere con i rinvii a giudizio sul buco e sulle elezioni del rettore? Come mai il ministro Profumo non ha ancora annullato il decreto di nomina del rettore?
Siamo fiduciosi in una rapida verifica da parte degli organi titolati per addivenire alla chiarezza necessaria nei confronti di tanti cittadini onesti che rivendicano la giusta legalità.
Riproponiamo parte di un nostro precedente intervento che mette in evidenza qualcosa che lascia perplessi e che getta diverse ombre.
Al telefono quel Marco Tomasi dice queste cose a Riccaboni:
“Poi è chiaro che lei nel momento che ha l’investitura … provi a sentire, io francamente … lì in Procura dovete vedere voi perché oggi sa com’è. Qui … lì è tutto rischioso. Lì è diventato poco … poco …”.La frase “lì in procura dovete vedere voi …”. Un funzionario del ministero che si rivolge con questa frase a un professore universitario appena nominato rettore vi sembra da Paese serio??? Il tutto diventa inquietante se pensiamo al fatto che in quel periodo alla procura di Siena c’era il sostituto procuratore Francesca Firrao figlia del professore Donato Firrao. Dove era docente Donato Firrao? Al Politecnico di Torino. Chi è stato direttore amministrativo del Politecnico di Torino? Marco Tomasi. Chi ha lavorato presso il Politecnico di Torino? Ines Fabbro. Chi è rettore del Politecnico di Torino? Il ministro Francesco Profumo. Queste non sono coincidenze: sono fatti incontestabili.
La richiesta di chiarimenti è talmente urgente che stiamo sensibilizzando tutti a mantenere alta l’attenzione e diffondere in”ogni dove” queste notizie . Anche perché il nervosismo negli ambienti che sono solidali con gli indagati è così alto che sono tutti schierati a querelare blog, giornali e chiunque riporti correttamente le notizie. Anche se le querele sono infondate le presentano lo stesso per tentare di disincentivare il lavoro di informazione e sensibilizzazione che viene svolto. Qualche avvocato innervosito da qualche “avviso” pensa di utilizzare le querele per replicare l’esaltazione del “suo sentirsi un potente di turno” così come qualche “giornalista fazioso e legato a diversi indagati”.
Concludiamo rinnovando la piena fiducia nelle istituzioni e nella magistratura e invitando chi di dovere a vigilare affinchè la libertà di stampa non venga compromessa da pressioni improprie o da abusi di potere. Anche gli “americani” e gli “israeliani” sono attenti studiosi del nervosismo derivante dallo stress a cui sono sottoposti certi avvocati. E gli “inglesi” osservano con occhio vigile la difesa della libertà di stampa.
La redazione di Fratello Illuminato
P.S. Ci risulta che alcuni cittadini si stiano attivando per chiedere l’intervento degli organi preposti per verificare certi ritardi e per verificare le incompatibilità di certi avvocati. Ci risulta ma non siamo sicuri. Ci risulta. In fondo Roma non è poi così lontana e con l’aereo nemmeno Londra.
Ma tanto lo sappiamo in cosa è veramente forte il Sultano di Stigliano
Gennaio 29th, 2012 — Note redazionali
La vicenda del vice ministro Michel Martone e l’articolo su Berlinguer (La Nazione, Siena) di questi giorni dimostrano che, dopo 42 anni, quel che non è cambiato è l’arroganza di chi gode delle giuste protezioni e la sistemazione, assicurata senza alcun merito. Illuminante la lettura del curriculum preparato nel 1993 dal Prof. Luigi Berlinguer, Rettore dell’Università di Siena e ministro per 24 ore nel Governo Ciampi, e ancor più interessante il breve commento, di seguito integralmente riprodotto, che circolò in modo carbonaro tra la comunità accademica senese in quel periodo. Gustatevi pure il monumentale curriculum del Sultano di Stigliano qui.
Per avere un’idea più precisa datevi un’occhiata al curriculum di un collega del Sultano di Stigliano cui questo ultimo voleva fare le scarpe per sedere alla Corte Costituzionale: Paolo Grossi.