Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti
Al Vice Presidente del Consiglio superiore della Magistratura
Al Presidente del Tribunale di Siena
Correva l’anno 2008 quando è partita l’inchiesta sul buco finanziario dell’ateneo senese; corre l’anno 2012, quindi sono passati quattro anni e ancora nemmeno un processo nei confronti dei responsabili è stato avviato. Anzi, molti dei responsabili del buco sono ancora ai loro posti, compreso un docente di medicina (altra inchiesta) sotto processo. Sono trascorsi quasi due anni da quando è iniziata l’inchiesta sulle irregolarità delle elezioni del rettore senese e anche in questo caso, pur essendo conclusa l’inchiesta, ancora nessun rinvio a giudizio. Era stato sequestrato il fascicolo da parte delle autorità giudiziarie sulla selezione del direttore amministrativo dell’ateneo senese e ad oggi non ci sono notizie sul suddetto fascicolo. E’ stata messa in evidenza in tutte le lingue la situazione drammatica e fuori controllo dell’ateneo senese, ma i vari poteri dello Stato sembrano distratti o disinteressati verso la risoluzione delle problematiche dell’ateneo senese. Ma non è lo Stato il primo ad essere danneggiato dal buco finanziario e dalle elezioni irregolari? Perché dopo 4 ANNI nemmeno un processo è iniziato? La vicenda Astrea SRL e i legami della stessa società con il professore Angelo Riccaboni perché non sono oggetto di una necessaria inchiesta? Come mai i vari organi competenti non si pongono il quesito: perché i Revisori dei conti dell’ateneo esprimono sempre parere negativo alle deliberazioni di Riccaboni e Fabbro? Possibile che i responsabili del buco finanziario di quelle proporzioni siano solo 18 persone? Che cosa impedisce ai giudici di procedere con i rinvii a giudizio sul buco e sulle elezioni del rettore? Come mai il ministro Profumo non ha ancora annullato il decreto di nomina del rettore?
Siamo fiduciosi in una rapida verifica da parte degli organi titolati per addivenire alla chiarezza necessaria nei confronti di tanti cittadini onesti che rivendicano la giusta legalità.
Riproponiamo parte di un nostro precedente intervento che mette in evidenza qualcosa che lascia perplessi e che getta diverse ombre.
Al telefono quel Marco Tomasi dice queste cose a Riccaboni:
“Poi è chiaro che lei nel momento che ha l’investitura … provi a sentire, io francamente … lì in Procura dovete vedere voi perché oggi sa com’è. Qui … lì è tutto rischioso. Lì è diventato poco … poco …”.La frase “lì in procura dovete vedere voi …”. Un funzionario del ministero che si rivolge con questa frase a un professore universitario appena nominato rettore vi sembra da Paese serio??? Il tutto diventa inquietante se pensiamo al fatto che in quel periodo alla procura di Siena c’era il sostituto procuratore Francesca Firrao figlia del professore Donato Firrao. Dove era docente Donato Firrao? Al Politecnico di Torino. Chi è stato direttore amministrativo del Politecnico di Torino? Marco Tomasi. Chi ha lavorato presso il Politecnico di Torino? Ines Fabbro. Chi è rettore del Politecnico di Torino? Il ministro Francesco Profumo. Queste non sono coincidenze: sono fatti incontestabili.
La richiesta di chiarimenti è talmente urgente che stiamo sensibilizzando tutti a mantenere alta l’attenzione e diffondere in”ogni dove” queste notizie . Anche perché il nervosismo negli ambienti che sono solidali con gli indagati è così alto che sono tutti schierati a querelare blog, giornali e chiunque riporti correttamente le notizie. Anche se le querele sono infondate le presentano lo stesso per tentare di disincentivare il lavoro di informazione e sensibilizzazione che viene svolto. Qualche avvocato innervosito da qualche “avviso” pensa di utilizzare le querele per replicare l’esaltazione del “suo sentirsi un potente di turno” così come qualche “giornalista fazioso e legato a diversi indagati”.
Concludiamo rinnovando la piena fiducia nelle istituzioni e nella magistratura e invitando chi di dovere a vigilare affinchè la libertà di stampa non venga compromessa da pressioni improprie o da abusi di potere. Anche gli “americani” e gli “israeliani” sono attenti studiosi del nervosismo derivante dallo stress a cui sono sottoposti certi avvocati. E gli “inglesi” osservano con occhio vigile la difesa della libertà di stampa.
La redazione di Fratello Illuminato
P.S. Ci risulta che alcuni cittadini si stiano attivando per chiedere l’intervento degli organi preposti per verificare certi ritardi e per verificare le incompatibilità di certi avvocati. Ci risulta ma non siamo sicuri. Ci risulta. In fondo Roma non è poi così lontana e con l’aereo nemmeno Londra.
6 comments ↓
Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti
Al Vice Presidente del Consiglio superiore della Magistratura
Al Presidente del Tribunale di Siena:
“Siena, gioiello rosso ma crepato.” Videoreportage di Aldo Cazzullo
http://www.corriere.it/politica/12_gennaio_29/una-citta-un-paese-siena-cazzullo_7393951c-4ac4-11e1-bc89-1929970e79ce.shtml
Buonasera. Direi che questa lettera è ben fatta e circostanziata. Mi piacerebbe leggere queste cose sulla stampa, tanto per riallacciarmi a vecchie polemiche.
La “tenuta democratica”, sempre che non fallisca il sistema, è strettamente legata alle istituzioni alle quali avete scritto.
La “giustizia” serve proprio a togliere al cittadino comune quel senso di impotenza e di disagio difronte a “cose più grosse di lui”.
Anche perchè se poi il cittadino si sente suddito alla lunga si ribella, è la storia che ce lo insegna.
Quindi istituzioni, agite, fate, praticate e regalateci quel senso di giustizia che ci manca. Siate forti con i forti…….
Ce la faranno?
Un abbraccio.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/28/assegnansi-procure-ecco-chi-lotta-per-roma-e-napoli/187153/
di Gianluca Di Feo
Rispetto a vent’anni fa non è cambiato nulla. Anzi: a poco a poco la giustizia è stata smantellata. E la politica non ha fatto nessuna legge per rendere più difficile la corruzione, mentre quelle che c’erano sono state rese meno severe. E così l’impunità cresce. La denuncia, durissima, dell’ex Pm Gherardo Colombo
(30 gennaio 2012)
Mani Pulite è stata un fallimento. Non ha cambiato nulla, anzi ha determinato una reazione opposta: lo smantellamento della giustizia. E la vittoria di un pensiero collettivo che convive con la corruzione. Gherardo Colombo è lapidario nel giudicare il passato. Guarda da lontano l’esperienza di pubblico ministero che lo ha visto misurarsi con tutte le trame d’Italia: la scoperta delle liste della P2, l’istruttoria sui fondi neri dell’Iri e infine la grande indagine su Tangentopoli. Oggi nell’ufficio di presidente della Garzanti, porta il discorso dal piano giudiziario a quello culturale, dal codice penale al senso civico. Senza arrendersi al pessimismo, vede a Milano i segni della riscossa non nelle nuove inchieste che assediano il Pirellone ma nel successo dell’Area C: lo sbarramento al traffico voluto dalla giunta Pisapia che restituisce il centro alle biciclette. Vent’anni dopo l’arresto di Mario Chiesa, nel libro intervista con Franco Marzoli, docente senese e suo amico dai tempi dell’università, discute dell’Italia di ieri e di oggi. Il volume, edito da Longanesi, ha un titolo programmatico: “Farla franca”.
Mani Pulite è stata inutile?
“Sotto il profilo giudiziario è servita a poco o nulla. Io lo dissi sin dall’inizio, proponendo nel 1992 proprio sulle pagine de “l’Espresso” una soluzione diversa, una sorta di condono dietro l’ammissione di responsabilità. Mi ero reso conto che di fronte all’enormità di quello che stava emergendo, sarebbe stato difficile o impossibile dare una soluzione attraverso il processo. Alla fine invece le indagini hanno confermato il senso di impunità: la maggior parte dei reati sono stati prescritti. E non c’è stato solo quello. Penso a tutte le leggi cambiate in corso d’opera, ai reati che sono diventati meno reati come l’abuso d’ufficio o il falso in bilancio, alle modifiche alle regole per il processo e le rogatorie fino a rendere appunto il senso d’impunità. Il dato positivo è nell’informazione: i cittadini ne hanno saputo molto di più”.
Questa conoscenza non si è però trasformata in una spinta a cambiare.
“La cultura era quella. Il modo di pensare generale era in linea con il diffondersi così articolato e capillare della corruzione”.
Nel libro lei dichiara che questa cultura del quieto vivere è presente anche nella magistratura.
“Anche i magistrati seguono quel pensiero collettivo, che ispira una certa prudenza nell’andare a vedere quello che si nasconde nei cassetti del potere. Per fortuna ci sono tante eccezioni, ma ho provato sulla mia pelle come andare fino a fondo rende più difficile la vita”.
Oggi il governo tecnico ripropone il ruolo chiave dei grandi burocrati, figure spesso gattopardesche: i politici cambiano, loro restano. E spesso nelle vostre indagini sono stati loro a rappresentare l’ostacolo maggiore.
“Le indagini sulla burocrazia sono state condizionate da alcune variabili, spesso più intense che in altri settori. La burocrazia ha un vantaggio rispetto alla politica: è più stabile, più coesa. Investigare su un settore che ha più compattezza è difficile: c’erano persone rocciose nella loro resistenza, sia negli apparati statali che in quelli di partito, che hanno difeso strenuamente il loro ambiente”.
Ma quando da cittadino viene a sapere dei casi di corruzione contestati alla giunta lombarda o del malaffare che resiste anche nel Pio Albergo Trivulzio, non prova un senso di smarrimento?
“Non mi sorprendono. Perché il sistema sarebbe dovuto cambiare? Sotto il profilo giudiziario non è stata fatta una legge per rendere più difficile la corruzione o più facile la scoperta della corruzione. Sotto il profilo culturale se qualcosa è cambiato, lo è stato in senso opposto: si è rafforzata l’idea che l’interesse privato nell’esercizio di una pubblica funzione non è riprovevole. Non ci si può aspettare una folgorazione”
Lei nel 1998 in una celebre intervista a Giuseppe D’Avanzo denunciò una rete di ricatto che condizionava alcune scelte del Parlamento. Oggi quanto pesa il ricatto?
“Io mi chiedevo, tra l’altro, perché fosse così difficile ottenere certe autorizzazioni all’arresto da parte del Parlamento. Di sicuro il ricatto pesa anche oggi, ma c’è molto altro: sopravvive l’accettazione di un sistema. Nel libro cito Giuliano Ferrara: “Per fare politica devi essere ricattabile, devi stare dentro un sistema che ti accetta perché sei disponibile a fare fronte””.
E oggi il governo tecnico può cambiare le cose?
“Mi dà maggiore speranza. Ha la fiducia del Parlamento, ma poiché non ha dietro le spalle un singolo schieramento può fare cose impopolari, può agire sulle corporazioni senza essere condizionato dalle loro pressioni: è in grado di varare le misure che servono ma non incontrano il favore di parti della cittadinanza. Questa situazione può permettere alle persone di capire la realtà delle cose, senza essere troppo attaccate agli interessi di parte: e infatti tante misure sono accolte positivamente. La politica era screditata e la separazione tra forze politiche radicalizzava anche lo schierarsi dei cittadini, in un modo spesso irrazionale che ricorda il tifo calcistico. Adesso con il governo tecnico è come quando gioca la Nazionale e si mette da parte il sostegno alla squadra del cuore per il risultato comune”.
A Milano però si respira già un’aria di novità, come se la città volesse voltare pagina.
“C’è stata un’alternanza al Comune, positiva per il fatto di essere alternanza. E oggi i cittadini milanesi sono più attenti rispetto a vent’anni fa. Nel 1990 si credeva di essere in una situazione economica che poteva permettere grandi spese e certi comportamenti venivano accettati: tre anni dopo si è compreso quanto fosse grave la situazione. Oggi c’è la consapevolezza della crisi e ciò incide anche nei comportamenti. Guardate all’Area C, alle limitazioni del traffico nel centro storico milanese: è stata accettata con responsabilità da tutta la città e ritengo che ciò dipenda dall’avere capito il problema”.
Lei cita spesso Giacomo Leopardi e il disinteresse del singolo per la comunità che lui teorizzò due secoli fa. Gli italiani quindi non cambieranno mai?
“Di speranze ne ho tante. Altrimenti non continuerei a impegnarmi: dal 2007 ogni anno faccio 400 incontri nelle scuole e nelle associazioni. La speranza nel cambiamento è alimentata dall’incontro con i giovani: non è vero che sono indifferenti, se dai loro l’occasione si interessano molto. Prima avvertivo la partecipazione soprattutto in provincia, adesso la sento anche nelle metropoli come Milano. Ma bisogna trasmettere punti di riferimento e farlo con modelli concreti, che spesso gli adulti non danno”.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/30/clini-dimetto-area-science-park-nessun-conflitto-dinteressi/187828/
dal sito di Repubblica: “Profumo si dimette dal Cnr – Clini lascia lo Science Park”; http://www.repubblica.it/ambiente/2012/01/30/news/dimissioni_clini_science_park-29046032/?ref=HREC1-40. Che aspettano gli “altri due” a dare le dimissioni?