di Davide Vecchi
Porterebbero via ì’ffumo alle candele”. I fiorentini nel 1200 descrivevano così gli odiati senesi. E non avevano ancora visto all’opera Gianluca Baldassarri, Giuseppe Mussari e la banda del 5 per cento. L’effetto domino della loro gestione del Monte dei Paschi ha travolto l’intera città. L’ultima realtà ancora in piedi, con conti in positivo, è l’Opera Metropolitana, ente che gestisce il complesso monumentale del Duomo. Nel 2011 è stata divisa e in parte ceduta all’Opera Laboratori Fiorentini Spa del gruppo Civita guidato da Luigi Abete e Gianni Letta. La stessa società si aggiudica anche la gestione del museo comunale grazie al sì dell’allora sindaco Franco Ceccuzzi.
L’APPALTO venne bloccato dal commissario prefettizio Enrico Laudanna che qualche settimana fa ha cambiato idea, approvandolo. Ora è oggetto di un’indagine, avviata dal pm Aldo Natalini, per verificare la correttezza degli affidamenti. Alcuni appalti, infatti, sono stati assegnati con gare al ribasso anche del 40 per cento.
Ma è in particolare la cessione di parte della onlus, guidata da Mario Lorenzoni, ex amministratore
delegato di Richard Ginori e consigliere della Fondazione Mps in quota Pds, alla società di Letta ad aver incuriosito gli investigatori. L’Opera Metropolitana, come il complesso museale di Santa Maria alla Scala , ha ricevuto fondi da Mps. E le nomine sono espressione di quel “groviglio armonioso” che ha gestito (e gestisce) la città con la spartizione di potere e poltrone.
Creata nel 1180, l’Opera ha attraversato indenne nove secoli di storia. Fino all’incontro con gli ex vertici di Mps. Sostenuto dal centrosinistra, Lorenzoni in Richard Ginori è al fianco del presidente Roberto Villa, indagato per bancarotta fraudolenta per il fallimento dell’antica fabbrica di porcellane e, da giovedì, per riciclaggio insieme all’amico Gianluca Baldassarri, ex direttore area finanza di Mps in carcere per associazione a delinquere, truffa e ostacolo alla vigilanza. Villa è socio della svizzera Gdp (Gestion de patrimones), uno degli intermediari coinvolti nel derivato Alexandria.
Lorenzoni diventa rettore dell’Opera, su volontà dell’arcivescovo Antonio Buoncristiani . Al monsi- gnore spetta l’ultima parola. Anche lui è legato a Mps. Il suo braccio destro è don Giuseppe Acampa a cui affida, nel 2004, l’incarico di amministratore unico dei beni diocesani. Acampa è anche membro del Consiglio di gestione della Fondazione Musei Senesi che vede la partecipazione dei soliti enti. La banca sponsorizza ad Acampa anche la società sportiva dell’oratorio attraverso Montepaschi Vita e riserva alla Curia un rappresentante nella Fondazione. Un legame stretto che non si allenta quando, nel 2008, Acampa è rinviato a giudizio per aver incendiato l’economato per distruggere documenti “attinenti operazioni finanziarie promosse dalla Diocesi attraverso la Curia”. Nel 2011 Acampa verrà assolto. Aveva il miglior avvocato di Siena: Giuseppe Mussari, che, già al vertice di Mps e Abi, non perde un’udienza. Con la benedizione dell’arcivesco Buoncristiani, Acampa rimane capo dell’economato. E all’Opera viene “pro- mosso” Lorenzoni.
Il rettore si trova alla guida di una onlus in ottima salute. Con una cassa da 20 milioni destinati a restauri e cultura. Nessun profitto. Fino al Lorenzoni 2011.Scinde la onlus e individua un ramo di azienda composto da beni strumentali per un per un valore peritato di 42 mila euro e lo cede (compresi i 12 dipendenti) ai Laboratori. Il contratto è siglato il 29 aprile. Ma lo stesso giorno le due società firmano anche un appalto col quale l’Opera affida la gestione delle attività che spettano al ra-
mo d’azienda venduto poche ore prima per una percentuale del 35% degli incassi fino a 5 milioni. Stando a quanto ricostruito nell’esposto presentato in Procura e in due interrogazioni parlamentari, l’Opera incassa i soldi dei biglietti e ne gira parte alla società fiorentina trasformando in liquidità il denaro che prima, essendo una onlus, destinava alla conservazione del patrimonio. Ora va nelle mani dei Laboratori di Letta. La rivincita dei fiorentini. Sono loro, oggi, a portar via da Siena anche “i’ffumo alle candele”.
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