Riceviamo e pubblichiamo. La Madonna del voto

I senesi sanno bene che, in momenti difficile della propria storia, sono ricorsi alla protezione della Vergine Maria per salvare la città. Lo hanno fatto due volte e con ottimi risultati: la prima per sconfiggere i fiorentini a Montaperti che segnò il dominio dei ghibellini in Toscana, purtroppo durò poco, ma non per colpa della Vergine. Vittoria che costituisce ancora elemento di orgoglio per taluni senesi e che rappresenta sicuramente, nell’immaginario collettivo, l’autonomia e il dominio che Siena ha esercitato per un certo periodo nella storia del Medioevo. Il Comune di Siena, forse proprio per ricordare anche questo, nei momenti di floridezza passata, ha fatto porre una lapide sulla piramide di Montaperti che cita un verso della Divina Commedia: “Se tu non vieni a crescer la vendetta di Montaperti perché mi moleste (Inferno XXXII, 80-81)?”.
L’altra intercessione fu chiesta dai senesi, che portarono di nuovo le chiavi della città alla Madre di Dio come atto di sottomissione, durante la seconda guerra mondiale per chiedere alla Vergine che la città fosse risparmiata dai bombardamenti. Anche questa volta la supplica ebbe effetto positivo e Siena fu risparmiata dalla devastazione della guerra.
A ben vedere appaiono evidenti delle costanti in tutte e due gli episodi: il popolo senese era compatto e la minaccia veniva dall’esterno.
Non vorrei sembrare irriverente ma sarebbe forse opportuno chiedere una terza intercessione alla Madonna del Voto quella che ci liberi dai dissestatori e che Siena possa ritrovare la via dello splendore perduto. Nella consapevolezza che questa volta il pericolo non viene da fattori esterni alla città, ma che, viceversa, alberga all’interno dello stesso popolo di Siena. Supplica che dovrebbe contenere anche la richiesta che una volta eliminata la gramigna i senesi possano ritrovare l’unità di intenti perduta. Mentre scriviamo, però, ci assale un dubbio: ma le chiavi della città chi ce le ha? Non sappiamo bene dove si trovino, dovrebbero essere ben custodite nel Palazzo Comunale almeno che qualcuno degli ultimi sindaci non le abbia portate, inavvertitamente, nella sede del suo partito.

Lapo Sanesi