Il Maestro James Anderson indica la strada al risanamento dell’Ateneo

Maestro James Anderson (Anno domini MMX, die quinque mensis decembris). L’Università di Siena il 23 settembre 2008 viene a conoscenza, ma molti indizi e qualche voce isolata avevano già avvisato ed era stata trattata da Cassandra, di un buco di bilancio da oltre 200.000.000 di euro (l’economista Prof. Frediani ad un certo punto è giunto a sostenere che il buco era di quasi 300 milioni). L’allora Rettore Focardi portò i libri contabili e una memoria in tribunale e questo causò l’apertura di una serie di indagini coordinate prima dal Procuratore Formisano ora passate nelle mani di Francesca Firrao. A luglio scorso Focardi ha perso le elezioni a vantaggio di Angelo Riccaboni (di soli 16 voti e con un’inchiesta aperta sul voto) il quale si è affrettato a far fuori il precedente direttore amministrativo Antonio Barretta e, picchia e mena, è riuscito a nominare Ines Fabbro, ex direttore amministrativo di Bologna condannata dalla Corte dei Conti per danno erariale. Nel frattempo, avendo venduto due palazzi per un totale di 180 milioni di euro, il buco in sé per sé è in buona parte coperto, ma il disavanzo strutturale annuo rimane a livelli mostruosi e può essere quantificato in più di 30.000.000 annui il che rende inutile qualsiasi risanamento visto che il debito si moltiplica continuamente.

Come si fa a mantenere alto (ammesso che lo sia) il livello di didattica, ricerca ed amministrazione e risparmiare 30.000.000 annui? A questa domanda in realtà, a parte il solo Barretta e poche altre persone esterne all’Ateneo, nessuno ha mai risposto o, peggio, non ha mai voluto neanche provare a rispondere. Il perché è presto detto: l’Università di Siena in realtà ha perso da tempo la propria primaria funzione di alta scuola e alto istituto di formazione ed è divenuto il campo di battaglia, al pari dell’altra grande istituzione senese, la Banca, di scontri e compromessi politici, tutti sotto l’egida del partito di maggioranza che si è impadronito di tutto.

Quindi affrontare il problema summenzionato comporta approfondire non solamente le responsabilità penali e civili (che pure ci sono e per acclarare le quali la Magistratura sta impiegando troppo tempo), ma soprattutto quelle accademiche, amministrative e politiche e qui si casca male perché significa pestare piedi importanti, in particolar modo quelli dell’ex Rettore ed ex Ministro Luigi Berlinguer (cui la Repubblica Italiana deve il completamento della distruzione dell’Università), del suo amico Piero Tosi, ex Rettore sollevato dalla Magistratura dal suo incarico e degli organi di governo e dei vertici amministrativi che si sono succeduti a partire dall’ultimo mandato Berlinguer e che ora tornano prepotentemente alla carica.

Primo passo. Dopo una serie di conti e di madonne, alla fine individuiamo che l’Università di Siena ha sei, dicansi sei, sedi distaccate che però niente aggiungono a quanto viene insegnato e ricercato nella sede principale. Si tratta di doppioni o di sciocche proliferazioni che niente aggiungono e molto tolgono perché ovviamente se del caso fanno il bene del posto dove sono site e non certo quello di Siena che ci rimette, ovviamente, una marea di quattrini. Arezzo (Lettere, Economia), Grosseto (Economia, Giurisprudenza e Lettere), Colle di Valdelsa (Scienze), San Giovanni Valdarno e Montevarchi (Scienze), Follonica (Scienze) e Buonconvento (Laboratorio di Accessibilità Universale). Tutta questa crisi, fin da prima che scoppiasse, è stata seguita e commentata da uno sparuto gruppo di bloggers capitanati dal Prof. Giovanni Grasso, di Anatomia, su il senso della misura dove, tra i molti post e commenti che comunque fanno luce su una serie di aspetti non secondari della crisi e della sua lenta preparazione durante il lungo rettorato Tosi, qualche tempo fa è apparsa una proposta di dismissione del polo esterno più grande che è quello di Arezzo. A conti fatti, e ancora da smentire, tale dismissione abbatterebbe il debito strutturale annuo di 15 milioni di euro, vale a dire che lo dimezzerebbe. Se per analogia fossero dismessi tutti i poli esterni è presumibile che si potrebbe tranquillamente arrivare a risparmiare, all’anno, 22-23 milioni di euro, portando lo sbilanciamento a -8 (-7) milioni. Va da sé che l’attuale amministrazione non ha neanche preso in considerazione questa ipotesi perché ha degli interessi, in particolare il Rettore la cui Facoltà di provenienza è presente a Siena, Arezzo e Grosseto. Ci vorrebbe un discreto gruppo di docenti, studenti e personale tecnico-amministrativo che chiedesse esplicitamente questo, con forza ed insistenza, al Rettore ed agli organi di governo. Il tutto sarebbe semplificato da un eventuale sollevamento dai propri incarichi dei soggetti indicati da parte della Magistratura, come si è detto poco sopra.

Secondo passo. Con il mio ragionamento Siamo giunti ad un disavanzo strutturale da 7/8 milioni l’anno, ma non ci basta. Vogliamo andare a zero (che poi è quello che prevede la legge). Abbiamo un altro problema o almeno un altro problema molto sentito: troppo personale. Però questo personale sarà troppo, ma ci sono molte strutture che sono in sofferenza. Di altre invece non se ne sa niente, ma è un silenzio che parla. Da anni ormai la gestione del personale tecnico amministrativo è nelle mani di cooptati all’interno e che sono saliti alla gloria del posto di dirigente per ragioni sindacali o di corrente di pensiero baronale. Anche durante i due anni di crisi si è visto chiaramente che mentre una certa percentuale di personale si è rimboccato le maniche e ha continuato a mandare avanti la macchina, pur in mezzo alle difficoltà e ai sacrifici, mettendoci anche la buona volontà di spostarsi in altra amministrazione per alleggerire il carico sugli stipendi e magari andare a lavorare in un posto di maggiore soddisfazione, altri hanno continuato a gozzovigliare senza curarsi troppo della cosa e, grazie ai loro ammanigliamenti, se del caso sono passati ad altra amministrazione sopravanzando magari persone più capaci e competenti. In tutto questo naturalmente spicca la responsabilità dei docenti che considerano il personale tecnico amministrativo una pletora di sottoposti e schiavi al proprio servizio, quando la legge dice esattamente il contrario. Un grande risparmio sarebbe dato dal fatto che l’Amministrazione, nella persona del Direttore Amministrativo che dovrebbe avere le mani libere da Rettore e organi di governo, procedesse ad un’organizzazione del lavoro (in tempi rapidissimi resi a questo punto impossibili dalla presenza di un Direttore Amministrativo evidentemente fuori luogo  visto che a un mese dalla sua nomina non ha ancora combinato nulla) stanando tutti gli imboscati e riequilibrando gli uffici mediante trasferimenti d’ufficio basati sulle effettive capacità delle persone (che sono ovviamente certificabili basta che lo si voglia) e mettendo a tacere non i sindacati nella loro interezza, visto che molte sigle hanno adottato in questi anni comportamenti ragionevoli, rispettosi e di grande collaborazione pur nel rispetto dei ruoli e nel massimo rigore, ma soprattutto la CGIL universitaria che, come dimostrano anche le vicende giudiziarie di alcuni dei suoi vertici, è pienamente corresponsabile del dissesto, avendo appoggiato in toto le politiche dissennate dei precedenti Rettori (Berlinguer e Tosi), Direttori Amministrativi (Cei Semplici, Caronna e Bigi) e avendone ottenuti non pochi vantaggi (dei 50 EP più della metà sono della CGIL, dei dirigenti a tempo determinato uno solo non è della CGIL e così via).