Il punto dell’economista Paco Pachese. Il numerino, Profumo, la Boutique, il Golfo Persico e i ragni di Wagga Wagga

“Il profumo del mosto selvatico”: un buon film, con bravi attori. Una piccola divagazione cinematografica prima di tuffarmi in altri contesti, altrettanto, selvatici. Non soddisfatti di aver bruciato risorse, anche attraverso il sostegno ad operazioni come l’acquisizione di Banca Antonveneta, i politici locali (nel contempo fini economisti) sono da giorni impegnati non per salvaguardare il patrimonio, ma per chiudere le partite aperte sulla fondazione e sulla banca MPS, con il preciso scopo di collocare più nominati nel cda della stessa banca. “Non importa cosa accadrà tra un anno: l’importante è fare le nomine rispettando i desiderata delle correnti di partito (e garantire un posto nel cda alla quota rosa verdiniana)”. Chissenefrega delle risorse: lo sport e il basket godono di buona salute e alla lunga i cittadini non ci penseranno più al danno creato al sistema economico e istituzionale. Ma il “danno” si dimenticherà dei cittadini: dalla crisi lavorativa all’aumento dei costi dei servizi? “Tutta colpa della congiuntura internazionale!!”: questo è il leit motiv che propagandano in giro i fedelissimi del sistema. La famosa strategia berlusconiana “del tappare i buchi con i fogli di giornale (del solito giornale) e raccontare che tutto va bene”. Poi la strategia salta e i problemi emergono nella loro drammaticità. Tanto dopo le nomine primaverili del nuovo cda della banca un capro espiatorio su cui scaricare le colpe e le responsabilità (che sono di tanti) ci sarà: l’uscente presidente Giuseppe Mussari. Dal primo di maggio incontrerete gente che vi dirà “io non lo conosco”, la “colpa è tutta sua”, “te l’avevo detto che stava sbagliando tutto” e via discorrendo con frasi ipocrite. Per elencare le responsabilità del Mussari non occorre attendere maggio; così come non mi sembra maturo e rispettoso nei confronti della cittadinanza continuare a negare il collasso del sistema. Non si rendono conto, i piccoli politicanti locali e alcuni sindacalisti asserviti da anni, che questo andazzo altro non è che un ulteriore gesto di arroganza teso a far esasperare gli animi (anche di quelli che alle scorse elezioni avevano votato per il Ceccuzzi). Il crollo si è palesato dopo le elezioni. Anni e anni di autoreferenzialità, di ruzzini a spese della collettività, di poltrone affidate a degli incompetenti, hanno compromesso un vero sviluppo e hanno determinato la crisi del sistema. Una classe politica seria che ha a cuore il bene della comunità amministrata dovrebbe fermarsi e con molta umiltà scendere dal piedistallo, raccontare la verità e lavorare, non per le poltrone, ma per salvare il salvabile e generare nuove prospettive di rilancio. Il dato del crollo si riassume in questi termini: sono (anzi, hanno finito) finiti i soldi. Anche di fronte all’ovvietà della sconfitta clamorosa e della perdita del potere reale nel controllo della banca, il nostro sindaco si permette di fare lo spiritoso. Rivolgendosi al giornalista che gli chiedeva del fondo Equinox, il Ceccuzzi, si è lasciato andare con «per parlare con me prima prenda il numerino». Probabilmente, questo Salvatore Mancuso, forse il numerino lo prenderà: non per parlare con Ceccuzzi, ma per fare il trasferimento di soldi necessari per comprarsi le quote della fondazione. Il provincialismo politico del Ceccuzzi mal si concilia con chi ha in mano il potere del “capitale utile” per aiutare la disastrata fondazione. E poi, da quello che ci risulta, a Mancuso di parlare con Ceccuzzi non gliene frega un bel niente: i suoi interlocutori sono i vertici della fondazione. La moneta canta e le chiacchere stanno a zero. E non solo. Dietro l’angolo che manifestano interesse nella partita della banca ci sono alcune Boutiques finanziarie (che qualcuno dei geni locali aveva confuso con i negozi di abbigliamento e l’altra sera in una cena uno dei geni ha anche aggiunto: come mai un negozio di abbigliamento è interessato alla banca?), i fondi sovrani del Golfo Persico (da non confondere, sempre come consiglio ai geni, con il fiume Brenna) e i maggiori gruppi finanziari italiani. Sembra tutto chiuso anche sulla presidenza da affidare al manager Alessandro Profumo. Sottolineo il “quasi” perché fino all’ultimo tuffo mai dar per sicuro niente. Comunque vada a finire il risultato è il seguente (anche se nelle stanze del partito si raccontano la novella che hanno in mano ancora tutto): il controllo politico della banca con l’assemblea di aprile non sarà più gestito da Piazza del Campo, ma da Torino; nei mesi successivi altri penseranno anche al controllo azionario. Invece di raccontare che il povero Cristo è morto di sonno, spiegate alla cittadinanza che i poteri economici italiani (grazie ai disastri locali) hanno iniziato la partita dello scacco matto. A noi dispiace assistere al dramma della crisi (siamo preoccupati per i cittadini e non delle poltrone che spariranno) ma senza una presa di coscienza veloce della classe dirigente si rischia l’effetto ragnatele come avvenuto in questi giorni a Wagga Wagga, una cittadina australiana invasa da ragni di dimensioni esagerate. E i cittadini di Wagga Wagga sono stati costretti ad abbandonare la città.

Paco Pachese (economista di Oxford)