La Summa degli orrori del dissesto universitario. Capitolo XV. Piero Tosi e il suo gabinetto: dal parcheggio al tritacarte

Probabilmente al patologo, al secolo Piero Tosi, il senso dell’umorismo non manca di certo ed effettivamente qualcosa di esilarante in quello che stiamo per raccontarvi spunta fuori. Va detto che dagli anni in cui spadroneggiava il patologo e la su cricca sono spuntati fuori soprattutto falsificazioni di bilanci, truffe, favoreggiamenti nelle carriere, aree comunicazione, etc etc. Una parte di quella cricca capitanata da Riccaboni si trova tutta dentro l’ateneo (come una sorta di maledizione) e si muove con la regia non proprio occulta di Jolanda Cei Semplici e palese della Fabbro. Dopo l’esplosione del dissesto che ha lasciato “stupefatto” il garante e musicologo Luigi Berlinguer, la prima cosa bella che ha proferito Piero Tosi è stata: “Io sono un patologo”. Il Bigi era un filosofo, il Criccaboni dormiva e altri facevano chi il vacanziere (a spese dei contribuenti), chi le ripetizioni orali, chi un cazzo dalla mattina al pomeriggio. Insomma l’università era gestita con il pilota automatico. Il massimo del patologo emerge quando (e qui non è segreto istruttorio) il giudice gli chiede se era a conoscenza di un certo problema contabile dell’università. Sapete cosa gli ha risposto il patologo? Guardi che io ho saputo di questi problemi contabili attraverso una telefonata ricevuta dal mio capo di gabinetto mentre si recava al parcheggio di P.zza San Francesco. Porca miseria!!! Il patologo era rettore, aveva un suo ufficio dentro l’ateneo con annesso gabinetto e conseguente capo e non sapeva niente? Che cosa ci sarà stato in P.zza San Francesco: una sfera di cristallo, un “foglio non ufficiale svolazzante”, che cosa? Roba da non crederci: uno era rettore con un capo di gabinetto (pagato) e i problemi contabili venivano socializzati con un telefono da P.zza San Francesco? Ma raccontatele più piccine!!!

E ora parliamo di questo mitico capo di gabinetto, anzi mitica. La capa di gabinetto, come le cronache raccontano, saltellava di giubilo quando il Criccaboni risultò vincitore alle elezioni (quelle irregolari, avete presente? Ma non lo diciamo noi, lo dice la Procura della Repubblica): e questa saltellava quasi tre metri sopra il cielo. Forse si sarà detta: bene bene ora ritorna anche Piero e tutta la cricca. Una sega!!! Un po’ di cricca è rimasta, ma son finiti i tempi del gabinetto d’oro (con relativi scopini sempre rigorosamente d’oro). Stiamo parlando di Chiara Roscino, una delle protette della maestrina elementare Ines Fabbro. Non poteva essere altrimenti e infatti ci risulta che la Fabbro non può che premiarla una che ha fatto la capa di gabinetto al dissestatore patologo. Come al patologo anche alla capa di gabinetto il senso dell’umorismo non manca. Quando il giudice le ha rivolto una domanda più o meno di questo tenore: è vero che lei ha tritato dei documenti quando il Tosi è andato via (anzi è stata mandato via!!!) dal rettorato? La risposta è stata: si è vero, ma ho tritato “solo documenti non ufficiali”. Purtroppo il tritacarte non possono interrogarlo e quindi prendiamo per buona la risposta. Però ci chiediamo che tipi di documenti non ufficiali ci potevano essere negli uffici del rettorato. Forse lettere d’amore? Forse degli schizzi rimasti su fogli di carta? Forse il Tosi tra un bilancio truccato e l’altro giocava con gli origami? Se si trattava del gabinetto (ovvero il cesso) si comprendevano subito quali erano i documenti non ufficiali; ma negli uffici del rettorato che cosa c’era di “non ufficiale” e perché passarlo dal tritacarte? Perché passarlo dal tritacarte?

Un avviso di garanzia, al tritacarte, non ci starebbe male!!