Con stupore abbiamo appreso che tra i nostri 2.200 lettori quotidiani, nella mattinata di oggi, ci sono finiti anche alcuni turisti giapponesi. Un turista giapponese di nome Akito (昭人)ha lasciato un commento a nome di un gruppo di turisti del Sol Levante sotto questo nostro articolo http://shamael.noblogs.org/?p=3147 .
Evitiamo di raccontarvi la fatica per rintracciare una traduttrice giapponese: i nostri potenti mezzi alla fine ci sono riusciti e quindi abbiamo appreso il pensiero dei turisti giapponesi.
Ecco il commento in lingua giapponese(realmente lasciato sul nostro blog):” 編集者各位、我々は日本人観光客のグループであり、私たちは、彼らが我々がユニスのためにスタジオを訪問するシエナに来て、常に閉じていることを三年間であることを不平を言うことをここにある。我々は失望と悲しみに包まれている。”
La traduzione: “Gentile redazione, siamo un gruppo di turisti giapponesi e siamo qui a lamentarci del fatto che sono tre anni che veniamo a Siena, anche per visitare l’atelier unisi e lo troviamo sempre chiuso. Siamo dispiaciuti e rattristati”.
Ma insomma oltre a dissestare avete illuso i turisti giapponesi: cercavano un atelier di moda geniale e si son dovuti sorbire una “piccola storia” di un improbabile storico che non risulta nemmeno esserlo.
Di chi è stata l’idea della linea abbigliamento Unisi? Quanto è costata ai contribuenti questa genialata dissestante? Dove si trova l’inventario in entrata della merce, le fatture e l’inventario di giacenza? Dove sono i documenti contabili e gli atti deliberativi di questa struttura di abbigliamento all’interno di Unisi? Che fine ha fatto il pos per i pagamenti: è stato disattivato? Che fine ha fatto la merce?
Il rettore Riccaboni, i membri del cda e l’attuale direttore amministrativo non hanno niente da chiedersi in merito a questo atelier? O pensano di continuare a tergiversare come con i libri in onore dell’ex rettore Luigi Berlinguer voluti dal genio Boldrini e Piero Tosi?