Quando un ciclo storico di chiude, anche a chi per decenni è stato uno dei punti di riferimento di un certo sistema politico, non rimane che una sola cosa da fare: prenderne atto e farsi da parte

Quella che sto per farvi è senza dubbio una metafora un pò forzata. Ma questa digressione può essere di aiuto alla riflessione che vi propongo oggi. Forse qualcuno di voi avrà letto la notizia delle dimissioni dal consiglio di Generalidell’ex nume tutelare della finanza, Cesare Geronzi. Il tutto, peraltro, preceduto da pubblici appellativi (“arzillo vecchietto”che già segnavano la cifra che il potere di Geronzi stava scricchiolandoChi mai avrebbe detto, un paio di anni fa, che il banchiere di Marino (come da sempre era stato battezzato per i suoi natali) un giorno sarebbe stato, in buona sostanza, fatto fuori? Forse nessuno. Anzi, il timore reverenziale che incuteva al suo passaggio non avrebbe mai fatto presagire un tale scenario. E invece è successo. Geronzi è stato fatto fuori da Generali e, forse, dal salotto buono della finanza italiana. I tempi cambiano, gli equilibri idem, le stagioni politiche si avvicendano e quelli che per decenni erano sempre sembrati personaggi intoccabili all’improvviso vengono rimossi senza tanti complimenti. Direte voi, ora questo dove vuole andare a parare e cosa c’entra Geronzi con Siena e con le sue imminenti elelzioni? C’entra eccome. Non sempre tutto è destinato a rimanere inalterato nel tempo. Tutto ha un ciclo e la politica non ne è tagliata fuori. Parliamoci chiaramente in questo momento in Italia, soprattutto a livello politico, ci sono degli scombussolamenti che nessuno immagina. Come, altrettanto, nessuno di noi immagina cosa succederà ad un Partito Democratico in agonia una volta passate le elezioni di maggio, date le continue fuoriuscite di iscritti e dirigenti verso il Nuovo Terzo Polo. E anche Siena sta risentendo di questa fiacca, causata da un sempre più ristretto nucleo di potere che sta lì piazzato ininterrotamente da anni, ma il cui smalto e la cui capacità di attrarre consenso e fiducia diminuiscono di anno in anno. Prendiamo, ad esempio, Alberto Monaci. Nessuno mette in discussione che in passato, nel bene o nel male, sia stato uno dei pochi politici senesi, ma oggi a oltre settant’anni di età non può esprimere più niente di nuovo. Ed ecco allora l’involuzione. Prima faceva politica con una prospettiva, oggi la fa con un altra. Prima aveva una visione ad ampio respiro, oggi la stessa si ferma sull’uscio di casa. L’impressione che si ha nel vedere il piazzamento ossessivo di tutti i suoi familiari in organismi politici e in consessi elettiviè che abbia preso atto che appartiene ad una stagione passata, e che l’unica vera mira sia quella di sistemare al meglio figli e figliastri prima che la vecchiaia sopraggiunga per bene. Circostanza che capiamo da padri di famiglia, ma che nulla ha a che vedere con l’interesse collettivo.
Questo è un ulteriore aspetto che dimostra un modo di ragionare che si è fermato a dieci anni fa. All’epoca, forse, ancora si poteva ragionare sull’impostare la propria vita “lavorativa” solo sulla politica. Ma oggi non è più così. Perché oggi il mercato del lavoro – quello che produce e che paga gli stipendi – non ha bisogno di burocrati di partito, ma ha bisogno di professionalità vere nei cui curricula ci siano esperienze lavorative diverse dall’aver fatto solo l’assessore o il consigliere comunale.
Ecco che ritorna la metafora iniziale su Geronzi e su quei poteri che furono tali un tempo, ma che il passo del tempo, ad un certo punto, non sono più stati in grado di tenerlo.
E l’unica cosa che dovrebbero fare è prenderne atto.
Firmato
La Primula Rossa