“Il pozzo di San Patrizio”. Così è stata giustamente – e purtroppo – definita l’Università senese in un bell’articolo a firma di Stefano Cecchi su La Nazione di sabato.
Debiti che scappano fuori da ogni anfratto rappresentando ogni giorno di più la cifra che ha contraddistinto una certa gestione. L’ultima matassa da dover districare riguarda la vicenda di un debito extra bilancio di circa 26.000 euro riguardante una pubblicazione (anche senza la quale, ci viene da pensare, il mondo della ricerca accademica poteva ugualmente andare avanti) intitolata “Studi in onore di Luigi Berlinguer”, edito dalla casa editrice Rubbettino e il cui costo a copia, da come riportato anche sulla stampa, ammontava a ben 87,3 euro, non proprio economico direi. Ma, davanti a cotanta novità scientifica non si poteva certo badare a spese.
Ma ciò che è veramente degno di essere reso noto a tutti (perché qui, caro Ceccuzzi, non si tratta di fare speculazione come detto dallo stesso, ma si tratta di far sapere a tutti come è stata gestita una parte non insignificante di Siena in alcuni anni, anni in cui lo stesso Ceccuzzi, peraltro, ricopriva incarichi politici di primissimo piano in questa stessa realtà) non è tanto il disquisire o meno sull’utilità di tale pubblicazione, quanto le modalità con cui la stessa venne fatta.
Perché, cari lettori, per tale pubblicazione non fu mai stato assunto nessun impegno di spesa nel bilancio dell’Ateno senese.
Così oggi l’Università di Siena si trova sul groppone a dover pagare anche roba che non aveva previsto a bilancio, e anche se l’importo, all’interno della razzia generale delle casse dell’Ateneo, può sembrare una cifra contenuta rimane la non legittimità del modo con cui è stata fatta.
Sempre dalla stampa si apprende (anche se qualche voce di corridoio era da un bel po’ che era trapelata in giro) che la spesa che impegnò l’Università venne fatta per il tramite dell’allora suo centro comunicazione e marketing, il quale provvide all’acquisto nel gennaio del 2006, sotto il Rettore Piero Tosi.
Sempre da ciò che viene scritto nei quotidiani si apprende anche un’altra cosa totalmente non condivisibile. Ossia che il Cda dell’Università sta pensando di provvedere a ratificare il pagamento del debito fuori bilancio. Saremo curiosi di sapere se e laddove portasse avanti questa decisione, il Cda non pensi anche che sia il caso di rivalersi verso chi impegnò l’Università con una spesa che non era prevista a bilancio?
Perché è l’ora di farla finita di mettere sempre pezze sugli errori di certa gente. Sarà populistico dirlo, ma è arrivato il momento che chi ha sbagliato paghi. Dato che, ad oggi, per colpa di comportamenti irresponsabili e disinvolti ci sono dipendenti che stanno subendo sui propri salari i frutti del libertinaggio economico.
Si legge, ancora, che il Cda dell’Università dovrà per forza prendere una decisione entro il 15 marzo, data che rappresenta la scadenza del termine concordato con il legale della Rubbettino per il pagamento.
Sarà il caso di cominciare a dare segnali di buon esempio? Sarà forse il caso di dimostrare con i fatti che non si agisce in regime di due pesi e due misure e quindi, se tagli ci sono stati agli stipendi del personale del tutto innocente verso tale buco, tagli ci dovranno essere anche nei confronti di chi a parte del buco ha contribuito? Perché qui non si tratta solo di pagare o meno un debito extra bilancio. Qui si tratta anche di assumersi una responsabilità morale, nel caso il buco di quella spesa venisse tappato senza rivalersi verso chi lo ha fatto. E L’Università, culla del sapere e dell’insegnamento, è tenuta ad insegnare anche la disciplina dell’assunzione delle proprie responsabilità, quella disciplina che impone, appunto, l’applicazione del vecchio motto che dice “chi sbaglia, paga”.
Firmato
La Primula Rossa