Quando qualcuno, per motivi personali, decide di lasciare un incarico politico, a parte il concedergli il dovuto ringraziamento per l’impegno profuso nel tempo, in genere ci si limita ad una presa d’atto e non si scandagliano troppo i possibili motivi.
Questo perché abbandonare la segreteria di un partito è sempre un passaggio personale doloroso che, di sicuro, non viene preso a cuor leggero.
Certamente non sappiamo i motivi che hanno spinto il coordinatore (a questo punto ex) provinciale dell’Idv, Marco Raggiaschi, a rendere note le sue dimissioni.
Altrettanto certamente, però, abbiamo rilevato negli ultimi giorni – che hanno anche coinciso con la stringente necessità di chiudere il tavolo del centro sinistra da parte del candidato Ceccuzzi o di chi ha condotto le trattative fino ad ora – un brusco cambio di linea politica, o meglio un’improvvisa virata da parte dei dirigenti politici locali dell’Idv.
Dal marcare fortemente le proprie posizioni, il proprio modo di vedere la città e i suoi meccanismi molti dei quali non condivisi, (distinguo che più di una volta hanno suscitato esternazioni piccate da parte degli esponenti del PD) sono passati, in questi giorni, ad un singolare e repentino ammorbidimento, fino ad arrivare al comunicato davvero stravagante in cui giorni fa chiedevano, benché in extremis, di vedere se esistevano le possibilità per riprendere posto al tavolo del centro sinistra dal quale tanto si erano smarcati.
Non è proprio il massimo a livello di strategia politica, anzi, quell’ “in extremis” sembra più una supplica che una puntualizzazione e una difesa dei propri principi.
Il problema però è capire di chi sia la paternità di quella richiesta che, appunto, sembrava tanto una supplica.
Se dovessimo seguire un ragionamento logico sarebbe alquanto difficile pensare che tali affermazioni siano farina del solo sacco dei dirigenti locali, perché vorrebbe dire smentire se stessi.
Non sarà certo questo il caso, ma non è infrequente che ci siano alcuni partiti che da Roma in maniera un pò spocchiosa, senza sapere quali siano le reali esigenze locali; senza sostenere, di fatto, il lavoro che gli esponenti politici sul territorio portano avanti di giorno in giorno; senza conoscere approfonditamente le realtà (come, pensiamo, le conosca chi quelle stesse realtà le vive quotidianamente) arrivano belli belli epretendono di calare dall’alto i loro diktat, e magari non perché ci credono davvero, ma molto più semplicemente perché devono seguire quella insana logica degli equilibri ad ampio raggio per cui se hanno alzato la voce nella città X, lo stesso non potranno farlo nella città Y anche se i presupposti e le ragioni per farlo ci sarebbero tutti.
E quindi ecco che in quei casi arrivano le virate, i cambi all’improvviso di rotta, sconfessando chi fino a quel momento aveva lavorato.
E tutto ciò alla faccia – e scusate il gioco di parole – di chi la faccia ce l’aveva messa fino ad allora.
Troppe volte, infatti, questi stessi signori dimenticano una cosa; che da Roma i voti a livello locale(soprattutto per le elezioni amministrative, in cui più dei simboli contano le singole persone) non sono mai piovuti e che, quindi, vanno cercati sul territorio.
Ci sono molti casi di scuola in cui laddove i dirigenti locali non si siano voluti prostrare di fronte a qualche solone, o sono stati minacciati con l’arma del commissariamento o, in casi più estremi, lo hanno addirittura ricevuto.
E, in questi casi di scuola, verrebbe da dire loro, da domani i voti li andate a chiedere voi casa per casa.
Firmato
La Primula Rossa