Correva l’anno 2010 e l’allora presidente di MPS Giuseppe Mussari dichiarava:”La Banca Monte dei Paschi di Siena è in salute, seppur in una situazione di crisi economica nazionale e internazionale, senza precedenti. Adesso è in gioco il futuro del Paese e le banche, insieme alle imprese, possono fare la loro parte per rendere più veloce la crescita”.
Ad assecondarlo ci pensava l’allora parlamentare Franco Ceccuzzi con queste dichiarazioni: “La nostra banca assume per concorso sin dal 1979, ancora oggi a fronte di un lavoratore della rete che va in pensione ne assume un altro, ha mantenuto il proprio consorzio mentre altri lo hanno esternalizzato, ha da sempre moderato le retribuzioni dei manager, mentre nel resto del sistema l’eccesso di incentivo ha generato un aumento del rischio fino all’esplodere della crisi”.
Nel 2007 sempre lo stesso Ceccuzzi rilasciava questa dichiarazione imbarazzante: “Tanti compagni, amici ed anche colleghi deputati mi hanno chiesto un giudizio sul “blitz” della Banca Monte dei Paschi che, con abile discrezione, forte determinazione e coraggio, ha acquistato Banca Antonveneta. Non ci dilungheremo sui profili finanziari, industriali e squisitamente bancari dell’operazione. Saremmo, francamente, tentati da tanta abbondanza di valutazioni da svolgere. Un piatto ricco di spunti se aggiungessimo anche una retrospettiva sull’estate del 2005, quando all’assalto di Antonveneta non andarono i galantuomini del Monte dei Paschi di Siena, ma altri manager ed uomini di affari che, a distanza di due anni, frequentano più i Tribunali della Repubblica che Piazza Affari. Il tema che vogliamo sviluppare è quello dell’assunzione di responsabilità, dell’interesse generale e della misurazione del consenso nel lungo periodo. Il presidente del Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, ed il direttore generale Antonio Vigni hanno messo sul tavolo della trattativa con Banco Santander una cifra di 9 miliardi di euro, qualcosa meno di 18mila miliardi di vecchie lire. Tanto quanto una legge finanziaria di media taglia. Una scelta impegnativa per l’azienda che amministrano pro-tempore, per gli azionisti, per i dipendenti, per la comunità che orgogliosamente, da secoli, ne rappresenta le radici e ne scrive la storia, con successo. L’indomani i mercati hanno reagito negativamente. Il prezzo è troppo alto. L’integrazione tra le due banche è troppo difficile. Gli obiettivi di creazione di valore dai due istituti non sono realistici. La governance di Mps è atipica. A Siena, però, nessuno si è impressionato per lo “starnuto” dei mercati. Il riferimento è scherzoso e non vuole essere offensivo. L’accelerazione della storia impressa dalla globalizzazione dei mercati e dalla rivoluzione tecnologica non rispetta zone franche e nemmeno una banca nata nel 1472. E così la ristrutturazione bancaria che in Italia prende le mosse con la legge Amato-Ciampi e che da oltre 1000 banche ci ha portato a poco più di 600 marchi. Con la nascita di nuovi e grandi gruppi. Player di rango europeo come Unicredit Group, Banca Intesa San Paolo, e Monte dei Paschi di Siena con oltre 3000 sportelli e la joint venture con Axa. Per questo chi proviene da una storia secolare e si pone di fronte a sé di percorrere un cammino altrettanto lungo e glorioso, investe le sue forze in un disegno di largo respiro e non si ferma alle valutazioni di breve periodo. Sempre che, naturalmente, chi amministra protempore abbia il coraggio, la forza e la visione dell’interesse generale per assumersi i rischi della critica, o persino dell’impopolarità a breve, per veder maturare i frutti delle proprie scelte in tempi lontani, magari quando non si ricoprono più quelle responsabilità. Nell’Italia governata dai sondaggi e del consenso a consumo immediato, il rischio d’impresa assunto da Mps con l’acquisto di Antonveneta è un fulgido esempio di classi dirigenti orientate dall’interesse generale. Mi riferisco, in questo caso, anche all’azionista di riferimento che è la Fondazione, il cui ruolo nell’operazione Antonveneta non è stato, non è, e non sarà certo marginale”.
Sempre nel 2007 l’analista rilasciava altre chicche: “Banca Antonveneta è sempre stata l’anima gemella di Banca Monte dei Paschi”. Con queste parole Franco Ceccuzzi, deputato de L’Ulivo e membro della Commissione Finanze alla Camera dei Deputati, esprime la propria soddisfazione a seguito della notizia sull’accordo raggiunto da Banca Mps con la Banca di Santander con il quale l’istituto senese ha acquistato la Banca Antonveneta.
“La Banca Mps e Antonveneta – sottolinea il deputato senese – sono due realtà che hanno grandi potenzialità di sviluppo e che possono integrarsi al meglio con grande vantaggio per gli azionisti e per la clientela. In passato è stato giusto preservare Banca Mps da pessimi affari in attesa della vera occasione di crescita, che il presidente Giuseppe Mussari ed il direttore Antonio Vigni oggi hanno saputo cogliere prontamente”.
Siena deve ripartire…ma senza Ceccuzzi. E queste dichiarazioni confermano il ruolo politico diretto del chianino nella peggiore operazione bancaria del mondo che ha affossato MPS e la comunità senese.
1 comment so far ↓
Il sig. Mussari è divenuto presidente dell’Abi, il sig. Ceccuzzi diventerà, forse di nuovo, sindaco di Siena.
Visto che saremo in tanti a patire le “criticità” del territorio grazie alle scelte dei signori in questione consiglio a chi sarà costretto a mettersi in proprio un’attività, vale a dire un sexy shop con articoli solo ed esclusivamente sadomaso, considerato quanto ai senesi piace farsi male così passivamente, la vedo come un’attività assai redditizia.
Quindi, manette, frustino, e …….buon divertimento a tutti.