Tommaso Occami. Un Sant’Ansano di riconciliazione

Un Sant’Ansano di riconciliazione dove tutte le differenze e i problemi della città scompaiono come d’incanto. Il dottor Profumo che con lingua mielosa dice quello che i Priori delle Contrade vogliono ascoltare. L’Arcivescovo che rivolgendosi ai figlioli sentenzia: lasciamo perdere, quello che è stato, è stato e accettiamo l’esistente.  Se poi l’esistente è l’ex sindaco dimissionario tanto meglio. Meravigliosa la foto del nuovo presidente del Monte insieme a Massimo Castagnini che sorridono amichevolmente. Quello che è stato, è stato! Non esiste città più bella al mondo e io che ho girato molto non posso non confermarlo incalza l’ex amministratore delegato di Unicredito. Bene! Tutto torna, qualche bella parola e i cattivi i seminatori di zizzania sono ridotti all’angolo. Tesi più volte ribadita dallo stesso Ceccuzzi: sono i seminatori di odio quelli che inquinano l’atmosfera senese. Se non ci fossero loro tutto marcerebbe bene perchè i problemi, sì ci sono, ma sono ingranditi dai denigratori. Chissà se ci sono anche i renziani fra questi. Tali affermazioni mi ricordano le pagine manzoniane sugli untori nei Promessi Sposi. La peste, a Milano, non era dovuta alla cattiva situazione igienica, ma a dei malfattori che ammorbavano l’aria con degli unguenti particolari, diabolici. Tutto diventa astratto, frutto di una narrazione, si perde il senso delle cose e le cause vere si dissolvono nelle nebbie così come il passato. È vero che la Chiesa ha sempre adoperato questo metodo per superare i momenti di difficoltà: il tempo lungo cura i mali. Più difficile è comprendere come un manager di una banca possa utilizzare gli stessi argomenti. Normalmente, questi ultimi, i manager, rifuggono dal politichese preferendo l’oggettività dei dati. Ed è proprio sui risultati che chiedono la fiducia, altrimenti perché dovrebbe essere loro accordata? Di Profumo conosciamo bene il curriculum che non brilla sempre per i risultati ottenuti. Non è un’azionista della Banca: non ci ha messo neppure un’euro. Non rappresenta l’azionariato per il quale, nel caso specifico e per quanto riguarda i senesi, non si può non parlare di parte lesa. Allora la fiducia da lui reclamata su cosa dovrebbe essere accordata? Sono passati nove mesi e ancora non siamo in possesso di nessun dato positivo. Dottor Profumo meno retorica, i senesi non hanno bisogno di un genovese per prendere atto di quello che sono, e più risultati. Nella retorica c’è anche la sviolinata nei confronti dei dipendenti, vera risorsa dice il Presidente. Peccato che ne voglia mandare a casa 4.600! La stessa oligarchia di comando in parte, molto limitatamente, è stata cambiata ma la nuova non sembra essere all’altezza della situazione: ancora non si è capito chi comanda!
C’è sempre stato un fastidio da parte della politica e dei vertici aziendali nei confronti di chi voleva capire, di chi si interessava alle sorti del bene primario di Siena e di uno fra i più importanti del Paese. Il paradosso consiste, oggi, nel fatto che tale fastidio viene ancora coltivato nel momento stesso in cui Profumo e il consiglio di amministrazione chiedono quattro miliardi di euro allo Stato: cioè ai contribuenti. Accidenti! Cosa vogliono questi curiosi che pretenderebbero di sapere dove sono andati a finire i soldi, di chi sono le responsabilità e a cosa servono i nuovi interventi pubblici? Se il Monte non ce la fa a pagare gli interessi vuol dire che il piano industriale è irrealistico visto che i ricavi non coprono i costi. Si chiede ai contribuenti di intervenire ulteriormente per una Banca che vale due miliardi e trecentosessantadue milioni, quasi la metà dell’intervento statale richiesto, tutti zitti! Non bisogna disturbare il manovratore; si deve invece colpire gli untori. Non mi è mai capitato di sentire che un contribuente che non ce la fa a pagare la rata del mutuo vada in banca a chiedere altro denaro per pagare la rata e gli interessi. Questo dovrebbe avvenire, viceversa, per la Banca nei confronti dei contribuenti senza che nessuno dica qualcosa.
Mi viene in mente la famosa battuta: vai avanti tu che a me viene da ridere. Sembra essere questo lo spirito che ha armato i due rappresentanti del PD e del PDL quelli che hanno presentato l’emendamento che fa diventare lo Stato, i contribuenti, un bancomat senza capacità di controllo. Il risultato sarà, visto l’efficacia del piano industriale, con molta probabilità un ulteriore indebitamento del Monte. Il presidente Profumo, guardando fisso negli occhi Castagnini, ha così sentenziato: “Qui c’é il senso dell’orgoglio dell’appartenenza che deve accompagnare la responsabilità individuale”. A queste parole sembra che a qualcuno dei presenti si siano inumiditi gli occhi, del resto quello che è stato, è stato. Se poi mancano svariati e svariati miliardi all’appello cosa importa! Potremo sempre godere di un “tramonto” in Piazza del Campo.

 T.O.