Viola chiede alla politica di restare fuori dalla banca e D’Alema si schiera con i sindacati. E poi la partita tra Unicredit e Intesa San Paolo

Mentre i due vecchietti arzilli del potere bancario italiano, Guzzetti e Bazoli, muovono le carte di una nuova e piu’ complessa partita del risiko bancario, dalla parti di banca MPS accadono delle cose, per certi versi naturali per altri alquanto strani. Che cosa combinano i due vecchietti arzilli? Gira voce che Guzzetti ha affidato al banchiere Claudio Costamagna,in via informale, la valutazione della pratica per un eventuale matrimonio tra Unicredit- Intesa San Paolo. E con un Bazoli dominus di Intesa, l’anello al dito non è una chimera. Guzzetti iperattivo come sempre sta già sondando il mondo delle fondazioni e della politica e in certi ambienti l’idea di una super banca non dispiace; e per superare le ritrosie dell’Antitrust ,sempre in base ai rumors, la soluzione è cedere il ramo italiano di Unicredit. Con un conseguente rafforzamento patrimoniale dei futuri sposi,forti della posizione di Intesa nel mercato italiano e della presenza estera di Unicredit.Potrebbe essere il matrimonio del secolo. E i due vecchietti arzilli,che nel passato hanno affidato le pratiche del risiko piu’ rognose(vedi Antonveneta) a MPS,con un matrimonio di questa portata portebbero a compimento il progetto di dominio delle piazze di Milano e Torino su tutto il sistema bancario italiano.

Dalle parti di MPS cosa succede? Dopo i protagonismi dei primi giorni e dopo le scivolate nell’agone politico locale, mister Profumo ha optato per il profilo basso.Poche apparizioni e ancor meno dichiarazioni e soprattutto rottura dei ponti con le correnti di partito. Chi invece fin da subito ha tenuto un profilo basso e manageriale è l’amministratore delegato di MPS Fabrizio Viola. Con la drammaticità dei numeri a disposizione e con una banca da rigenerare Viola ha evitato in partenza le trappole del provincialismo politico e con le ultime dichiarazioni ha ribadito un concetto normale per un’azienda,affidando al solo rapporto con i sindacati l’evolversi delle dinamiche interne e l’attuzione del piano industriale. Forse Viola, consapevole delle gravi responsabilità della politica nella gestione precedente e soprattutto per la consapevolezza che con i numeri a disposizione gli spazi di manovre ambigue e politicizzate arrecherebbero ulteriori danni alla banca, ha costruito, mantendendo distinti i ruoli, un nuovo modello di interlocuzione tra azienda e sindacato fondato sulla certezza delle soluzioni ricercando vie d’uscita per accogliere il piu’ possibile le rivendicazioni sindacali. Ci riuscirà? Anzi, ci riusciranno? Vedremo. Di certo, è paradossale il ruolo della sinistra senese, in particolare del PD, che stranamente non ha mai preso una posizione chiara a difesa dei lavoratori di MPS e magari forti del rapporto diretto tra Ceccuzzi e Profumo avranno ipotizzato il solito giochino di lotta e di governo per controllare banca e consenso elettorale. Un giochino del passato che oggi è stato smontato dagli stessi sindacati e dal ruolo professionale e svincolato dell’amministratore delegato Viola.

Ma, e qui il ma è di quelli storici, un inedito Massimo D’Alema da Lecce si schiera senza fronzoli direttamente al fianco delle rivendicazioni sindacali: “Il presidente D’Alema, condividendo le ragioni di un impegno per la garanzia del lavoro e la salvaguardia della presenza territoriale, ha assunto l’impegno di acquisire ulteriori elementi sul piano industriale, investendo della questione il responsabile economico e finanziario del Pd ed espletando tutti i necessari passaggi per garantire un ruolo del partito che sia di sostegno alle posizioni espresse dalla organizzazione sindacali sulla vertenza e, più in generale, sulla tutela dell’occupazione territoriale”.

E’ lapalissiano che la vertenza sindacale di MPS ha trovato cittadinanza del PD nazionale, mentre nel PD senese una classe dirigente miope e incapace continua a inseguire i soliti sogni di gloria fatti di poltrone da occupare di consenso da gestire con i centri di potere. Stavolta è il potere che ha buttato fuori la classe dirigente locale fuori dai centri e se Siena per ambire a un nuovo ruolo autorevole e costruttivo per la comunità si deve obbligatoriamente liberare dal peso della classe dirigente che ha prodotto l’affossamento patrimoniale delle istituzioni locali. Tutti si muovono, chi con credibilità chi costretto dagli eventi, fuori dalle logiche del passato e a Siena il capo del PD Franco Ceccuzzi è sempre ancorato alla difesa del suo sodalizio con Mussari. E l’affaire Antonveneta è sempre li a testimoniarlo.

Albus Silente