Dalla La Città di Salerno: “Bancarotta Amato, ora s’indaga sulle banche e i rapporti politici “

di Luigi Colombo

 

Dalla pasta agli affari immobiliari. E’ apparso chiaro fin dall’inizio che le indagini sul crac del pastificio “Antonio Amato” non si sarebbero fermate soltanto alla caduta di quell’impero di famiglia. C’erano, ci sono, troppi intrecci che insospettiscono gli inquirenti. Quelli che riguardano la classe politica locale e, in particolare, i rapporti intrattenuti con amministratori e tecnici di Palazzo di Città. I 33 imputati, accusati a vario titolo della bancarotta, il 16 novembre compariranno dal gup Attilio Franco Orio per l’udienza preliminare. Tra questi Giuseppe Amato jr, l’ex deputato Paolo Del Mese; il nipote Mario amministratore di fatto della Ifil C&D, il consigliere provinciale sospeso Antonio Anastasio e Simone Labonia, già presidente di “Salerno Patrimonio”.

Ma le indagini condotte dal pm Vincenzo Senatore e affidate ai finanzieri del tenente colonnello Antonio Mancazzo non sono affatto concluse. E tendono a fare chiarezza sia sui rapporti intrattenuti con le banche che con esponenti del Comune. Perché le indagini, come già sottolineò il gip Dolores Zarone, nell’ordinanza di custodia cautelare, hanno evidenziato la presenza di Mario Del Mese e della “Ifil” anche nell’ambito di «appalti pubblici cittadini, quali quello della realizzazione della nuova piazza della Libertà e quello relativo alla Cittadella giudiziaria, con un non ben determinato “ruolo di intermediario”». Un ruolo che «poca collocazione giuridica trova nell’ambito di gare pubbliche di appalto».

Durante questi mesi gli interrogatori degli imputati hanno aperto nuovi spunti investigativi. Per ultimo proprio Peppino Jr (26 settembre) ha parlato ancora una volta dei rapporti con Piero De Luca, figlio del sindaco di Salerno, definendolo un «socio occulto della Ifil», e dei racconti che gli faceva Mario Del Mese di viaggi per portare soldi in Lussemburgo, proventi della Ifil. Già il 6 luglio scorso, Peppino jr aveva tirato in ballo l’ente, riferendo che il compito di Mario Del Mese era anche quello di «ridurre i tempi burocratici» per le istanze al Comune, visto che lui «vantava amicizie» con «funzionari dell’ufficio urbanistica» e «politici». E lo stesso Del Mese, disse, è anche «molto amico» di Piero De Luca «che ha lavorato anche con Amato spa». E’ sempre lui a raccontare che il nome di Piero De Luca venne proposto anche per la compagine dell’Ifil. Il figlio del sindaco, fu già sentito dai finanzieri l’8 giugno scorso, ma per una fattura del 2009 dell’importo di 18.360 euro, saldata poi per 8mila euro.

Mario Del Mese durante gli interrogatori non parla di questi rapporti e anzi si difende dicendo di essere «stato usato» dallo zio Paolo, l’ex esponente dell’Uder, e ora attraverso il suo legale Cecchino Cacciatore, ha fatto sapere di voler denunciare Peppino jr per le «calunnie» riferite durante gli interrogatori. Stessa azione sta valutando l’avvocato Massimo Torre che difende Paolo Del Mese, anche lui tirato nuovamente in ballo da Peppino jr. «In particolare è del tutto assurda – dice l’avvocato Torre – la rappresentazione di un messaggio “trasversale” che sarebbe stato inviato dal Del Mese ad un noto politico salernitano ed a un direttore di banca». Il messaggio “trasversale”, secondo Peppino jr, sarebbe stato l’aver rivelato dell’ormai famosa cena in costiera a fine estate del 2006. Oltre alla famiglia Amato e allo stesso ex parlamentare, in quell’occasione – secondo quanto racconta Del Mese – parteciparono alla cena Giuseppe Mussari, oggi a capo dell’Abi e all’epoca presidente del Mps, l’allora deputato Pd e futuro sindaco di Siena Franco Ceccuzzi e il sindaco De Luca. Un’occasione, aggiunge, per far conoscere alla banca sia un’azienda di prestigio del territorio, ma soprattutto (nell’ottica di un finanziamento) l’iniziativa che si apprestava a realizzare nell’area dell’ex pastificio della zona orientale con l’«Amato Re».