E’ proprio vero che il mercato separa il cretino dai suoi soldi

Una volta si diceva negli atti amministrativi che il combinato disposto generava il dispositivo della delibera. Il combinato disposto della trimestrale e dell’ipotesi di mettere in essere un’obbligazione dal titolo “simpatico” come co.co.bond genera l’andamento del titolo di questi giorni. La trimestrale non ha bisogno di particolari commenti perché i numeri confermano ancora una volta che la banca è ingessata, bloccata! Non riusciamo a capire come se ne possa scrivere positivamente se non facendo ricorso alla solita azione di convinzione nei confronti dei giornali messa in atto dai “maestri” della comunicazione di Rocca Salimbeni. Un’aspetto positivo, comunque, questa volta c’è: la chiarezza dell’esposizione e la facilità nella lettura dei numeri. Linguaggio asciutto di un management rinnovato che sa confrontarsi con il mercato, anche se sarebbe sempre bene accompagnare le affermazioni e gli aggettivi con i numeri. Veniamo da un’esperienza, quella del Mussari, dove le cifre e i piani industriali erano una variante indipendente. Dirigenti, i nuovi, che sanno che gli azionisti sono tutti uguali e che devono essere ripagati dall’assunzione del rischio di impresa, che non piegherebbe mai il risultato aziendale ai voleri della politica. Almeno così ci sembrava e che così vorremmo continuare a sperare se non ci fossero all’orizzonte i co.co.bond. Titoli che non devono essere confusi con le famose coccole promesse da Ceccuzzi in campagna elettorale. Il primato della politica consiste nel non scendere sotto il 33% nel controllo della Banca da parte della Fondazione. Per fare questo si ricorrerebbe invece della strada lineare, quella dell’aumento di capitale classica con gli obiettivi industriali ben chiari, ad un ulteriore indebitamento che va ad aggiungersi agli altri sei miliardi e oltre già contratti. Piano industriale, quindi (che purtroppo slitta ancora) e ricorso al mercato con un management che si misura con degli obiettivi veri e mette le proprie capacità nella sfida imprenditoriale. Certo questo comporterebbe una discesa ulteriore della Fondazione che continuerebbe in ogni caso ad essere alimentata dagli utili, ridotti, ma comunque percepiti. E Dio solo sa se la città ha bisogno di utili. L’emissione dei co.co. lascia la banca nell’incertezza nei confronti del mercato e blocca, vista la mole dell’indebitamento, la distribuzione degli utili per diversi anni. Creano una diseguaglianza fra gli azionisti e l’emittente deve pagare un’interesse altissimo ai sottoscrittori (15-18%). Obiezione! Ma i sottoscrittori sarebbero la Cassa Depositi e Prestiti e lo Stato, quindi, gli interessi andrebbero allo Stato. Non è proprio così. Il pubblico deve indebitarsi per sottoscrivere i co.co e per pubblico va intesa anche la Cassa Depositi e Prestiti in quanto partecipa al consolidamento del bilancio statale. In più la Banca deve già rimborsare i Tremonti Bond per un importo di un miliardo e novecento milioni euro. Se ciò non avvenisse, quest’ultimi, sarebbero trasformati (entro il 2013) in azioni e lo Stato diventerebbe azionista del Monte. Ai valori del diciassette maggio la Banca capitalizza circa due miliardi e cinquecento milioni di euro, capite bene cosa significa. Qui casca l’asino! Siamo in presenza del primo passo sulla strada della nazionalizzazione del Monte. Ma di una nazionalizzazione subdola, meglio sarebbe, se così fosse, una strada lineare, pulita. I co.co bond hanno una clausola quella che sarebbero trasformati in azioni nel caso in cui la banca scendesse nel suo TIER one sotto un certo valore che potrebbe essere fissato nel nove per cento. Se ciò dovesse avvenire, cioè che la banca non riuscisse a superare quella soglia, lo Stato procederebbe alla nazionalizzazione. Determinerebbe il valore economico e giuridico sottostante alla nazionalizzazione, fissando il prezzo delle azioni e con questo darebbe il ben servito alla Fondazione e alla città. Non so se tutti hanno ben valutato i rischi concreti di una ipotesi del genere, stante la situazione nella quale si trova il Monte. Meglio poco che nulla e il niente è dietro l’angolo se si continua a privilegiare la politica (33%) alla dura legge del mercato.

T.O.