L’economista Paco Pachese interviene sulle vicende del Monte dei Paschi

L’imperativo categorico consiste nel poter dire ai senesi abbiamo perduto il controllo assoluto della banca (50%), ma manteniamo quello relativo (33%). Tesi tutta politica necessaria a non tagliare la faccia in modo definitivo a tutta la classe dirigente della città e soprattutto salvare quella del Ceccuzzi. Il sindaco si era tanto speso in campagna elettorale per difendere quel 50% che qualcosa andava pure trovato per dimostrare che non tutto era perduto. Ma come fare? Proviamo a gettare li delle ipotesi per spiegare una parte dell’indagine della finanza che ieri ha interessato sia gli enti locali, Comune, Provincia che la Fondazione e la Banca. Partiamo dal titolo Fresh che come tutti sanno è un’obbligazione in mano ovviamente all’emittente (Banca). Tale obbligazione viene acquistata dalla Fondazione per sottoscrivere l’aumento di capitale della Banca. La Banca si riserva di trasformare le obbligazioni in azioni al momento che essa stessa lo riterrà opportuno. Che tale trasformazione avverrà ai prezzi di mercato al momento della decisione della conversione. Arriviamo al momento del rimborso che la Fondazione deve fare nei confronti delle banche creditrici, vendere, quindi, le azioni che la Fondazione detiene della banca. Ma quante sono queste azioni in relazione al Fresh? Se al momento della conversione del Fresh ( avvenuta nei primi mesi del 2012) la quotazione del titolo era molto bassa la quantità di azioni che la banca dovrà restituire alla Fondazione aumenterà notevolmente. Se per caso, come è successo, subito dopo il titolo azionario della Banca si riprende, la quantità di azioni che la Fondazione dovrà vendere per far fronte ai debiti nei confronti delle banche diminuisce. In questo modo sarà possibile mantenere la quota di controllo relativa (33%). Questo andamento altalenante del titolo azionario è regolare? In Borsa non ci sono solo la Banca e la Fondazione ma anche da altri soggetti che potrebbero usufruire dell’andamento del titolo. Forse questa potrebbe essere un’ipotesi interpretativa per spiegare ciò che è accaduto ieri. Chissà se poi questa è l’unica indagine che la Procura di Siena, coadiuvata dalla Procura e dalla Finanza di Roma, sta portando avanti? Da quello che si è potuto capire ce ne dovrebbero essere delle altre forse anche più importanti.

Quindi si è come al solito partiti da una domanda di natura politica per arrivare ad una conclusione tecnica. E come tutti sappiamo la deputazione è in larga misura composta da rappresentanti del Comune e della Provincia. Queste considerazioni ci portano a farne ancora una. Perché i vari soggetti prima di scrivere o di prendere delle decisioni non si fermano a riflettere? La riflessione è importante e allontana il rischio delle strumentalizzazioni. Evidentemente queste considerazioni non sono fatte in modo astratto ma si riferiscono ad alcune prese di posizione a caldo, come si usa dire, ad esempio quelle di Pietra Serena.

Ieri da quello che si é potuto capire dai comunicati stampa é stata prelevata, da parte degli inquirenti, una quantità enorme di dati. Ci auguriamo che tutti questi documenti non costituiscano un’impedimento, vista la mole, e che i responsabili delle indagini possano arrivare al più presto a fare chiarezza su quanto è accaduto.

Paco Pachese (economista di Oxford)

Per completezza dell’informazione proponiamo l’articolo sulla Stampa di Torino:

Ufficialmente si indaga per aggiotaggio, manipolazione del mercato sul titolo di Banca Mps ed ostacolo alle autorità di vigilanza. In realtà l’obiettivo vero dei magistrati senese, ma non è escluso nemmeno un interessamento di quelli milanesi, sta a 1250 chilometri più a nord. Gli inquirenti, che ieri hanno scatenato quasi centocinquanta finanzieri in giro per l’Italia, andando a frugare e a «cercare carte» a Siena, ma anche a Milano, Roma, Firenze e Mantova, è a Londra che vogliono arrivare. Non solo il Montepaschi ha strapagato l’Antonveneta, il cui prezzo nel 2007 nel breve volgere di appena due mesi è lievitato dai 6,3 miliardi sborsati dagli spagnoli del Santander a 9,3 e poi addirittura a 10,3 miliardi di euro, in pratica una mezza manovra finanziaria, ma dietro questo giro vorticoso di soldi si nasconderebbe ben altro. Qualcuno, e il sospetto sarebbe più che fondato, ha fatto una «cresta» sull’operazione Antonveneta.

I sospetti sono tutti rivolti sui venditori, gli spagnoli del Banco Santander guidato da Emilio Botin, su possibili consulenti e mediatori (magari non ufficiali) entrati in campo in quei giorni caldissimi in cui in Italia impazzava la guerra per banche, col Monte che rischiava di fare la fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro, schiacciato sul mercato italiano tra Unicredit e Banca Intesa da poco andata a nozze col Sanpaolo.

E’ per questo che per i banchieri senesi, che in quei tempi si erano visti sbattere in faccia già tante porte, dal Sanpaolo a Banca di Roma, Antonveneta andava presa a qualsiasi prezzo. Anche a costo di…. oliare qualcuno? Arrivando a mettere in campo faccendieri e massoni, come trapela da fonti vicine agli inquirenti? Sembra di sì. Alcuni documenti in mano ai magistrati proverebbero legami e rapporti su cui ora si tenta di alzare il velo.

Il «Monte dei fiaschi», come l’ha ribattezzato domenica in tv Milena Gabanelli, ha pagato la sua preda tre miliardi di troppo? I numeri parlano da soli e sono in molti da cinque anni a questa parte, non solo a Siena, a sostenerlo. Soldi finiti a qualcuno in particolare? «Report» l’altra sera ha raccolto l’urlo di una donna che protestava contro il Monte: «Qualcuno li ha messi in tasca!».

Questa è la «vox populi», i magistrati lavorano su un’ipotesi non molto diversa: ipotizzano una «truffa», estero su estero, che vale all’incirca 1,2-1,5 miliardi di euro. Ed ora, avendo aperto ufficialmente l’inchiesta per aggiotaggio, cercano riscontri alle soffiate raccolte da alcuni «fuoriusciti» di Rocca Salimbeni. A questo miravano le perquisizioni di ieri, ed è per questo che i nomi degli indagati, in un primo momento di parla di due dirigenti della banca a sera saliti poi a quattro, verrebbero tenuti coperti. Perchè l’indagine punta molto più in alto, tanto in alto (almeno come dimensione della truffa) da aver messo in allerta addirittura Palazzo Chigi ieri, secondo alcune indiscrezioni, puntualmente al corrente del vero obiettivo delle indagini in corso.

Nella montagna di documenti sequestrati a Siena presso la direzione generale della «banca rossa», e poi con i controlli effettuati a Milano negli uffici della Mediobanca e al Credit Suisse, e poi ancora negli altri grandi istituti coinvolti in questi anni nelle operazioni orchestrate dalla Fondazione Monte dei Paschi (da Jp Morgan a Deutsche bank, da Intesa Sanpaolo a Goldman Sachs) si cercano insomma le tracce del flusso dei soldi per arrivare a individuare le responsabilità precise dei singoli e la concatenazione dei passaggi di denaro.

Il vecchio adagio, «follow the money», segui la corrente dei soldi, resta insomma sempre valido. Si conosce il punto di partenza, Siena, ed il probabile punto di transito, ovvero Londra. Ora si tratta solo di capire quanti passaggi di mano ci sono stati, quanti soldi sono girati, e a chi sono finiti in tasca. La caccia è appena iniziata.

1 comment so far ↓

#1 Prometeo Salvani on 05.11.12 at 14:53

Condivido con tutti i frequentatori di questo blog la durezza del momento storico che viviamo e l’amarezza per l’incredibile opportunità che la città ha gettato al vento. In tali circostanze, più che mai, è importante uno sforzo collettivo per cercare di capire come siano andate effettivamente le cose, accertare eventuali responsabilità e riprogettare il futuro su nuove basi e mutati presupposti. Aumentare la confusione con illazioni e false ricostruzioni, come il funzionamento del fresh o il miliardo e mezzo pagato in più per Antonveneta, (basterebbe leggere il prospetto informativo dell’aumento di capitale 2008 ed il documento informativo redatto dalla banca su richesta della Consob sempre nel 2008, entrambi disponibili sul sito della banca, per capire come funziona il fresh e come si passa dai 9 ai 10,2 miliardi pagati per Antonveneta), non serve a nessuno che abbia a cuore gli interessi della collettività senese. Riflettiamo prima e cerchiamo di fare chiarezza. Prometeo.