(dal sito dagospia)
Mediobanca è sotto attacco per l’affare Fonsai e la fusione rischia di saltare sotto i colpi dell’inchiesta della magistratura milanese. Per il momento il Pm Luigi Orsi ha messo il naso nei bilanci Fonsai ma in procura si dice che presto potrebbe curiosare anche tra i suoi advisors.
Ma cosa sta succedendo nelle cattedrali della finanza italiana? Se fosse stato vivo lui, Enrico Cuccia, il grande vecchio di Mediobanca, il banchiere dei banchieri, l’uomo che ha dominato per quarant’anni sul pianeta finanza, tutto ciò non sarebbe accaduto, l’affare Fonsai sarebbe andato liscio come l’olio, nessun Perissinotto di turno avrebbe osato attaccare l’operato della banca d’affari di Filodrammatici.
Come avvenne ai tempi del primo spericolato salvataggio del gruppo Ligresti, voluto da Enrico Cuccia in persona contro l’intero establishment bancario, le banche si sarebbero accollate l’onere dell’operazione senza colpo ferire.
Ma oggi ai vertici di Mediobanca non c’è più da tempo Enrico Cuccia. Ci sono due signori che si chiamano Alberto Nagel e Renato Pagliaro che avranno magari i pieni poteri di nomina delle controllate tra cui Generali, ma non hanno nè la forza nè il carisma per passare indenni dalle critiche che arrivano oggi dai vertici delle Generali e da una parte dell’establishment finanziario milanese. Non escluso l’ormai outsider Cesare Geronzi che da quando è stato fatto fuori dalle Generali e dalla stessa Mediobanca, passa il suo tempo a tramare nell’ombra.
Così, forse per la prima volta nella sua lunga storia, Mediobanca è sotto attacco dall’interno del pianeta finanza. E a voler ben guardare le carte del Pm Luigi Orsi, anche da parte della magistratura milanese che ha scoperto non poche schifezze nell’operazione Fonsai. Si dirà che le due cose sono distinte ma se soltanto una parte dell’inchiesta di Orsi si rivelerà fondata è difficile che le indagini non lambiscano anche i progetti di fusione.
La Repubblica titolava, “Premafin-Fonsai peggio del San Raffaele”. E la Consob sta lavorando a tempo pieno sull’affaire Ligresti e la manipolazione dei mercati e tutto ciò non è di buon auspicio per la ventilata fusione con Unipol o con le altre cordate.
Ma lo scontro, sia pure con i guanti di velluto, tra Giovanni Perissinotto e Renato Pagliaro non è soltanto una questione di potere per riscrivere la geografia dei potentati finanziari in Italia. Quello scontro è in continuo movimento e nessuno conosce gli esiti finali. Il fatto è che questa volta Mediobanca l’ha fatta grossa: per evitare che dalle maglie del gruppo Ligresti emergesse quello che poi sta emergendo sotto forma di scatole cinesi, consulenze dorate pagate dalle società di Ligresti allo stesso Ligresti, bilanci discutibili, l’istituto di piazzetta Cuccia come anni fa fece con Gemina, ha messo in piedi la spericolatissima operazione tra Fonsai e Unipol immaginando che una volta fatta la fusione le magagne sarebbero scomparse nelle pieghe della fusione.
Hanno un bel dire Matteo Arpe e Roberto Meneguzzo, pretendenti di Fonsai al posto di Unipol, che il gruppo di Ligresti se ben gestito farebbe utili per 450 milioni di profitti. Per il momento ha prodotto soltanto debiti e a quanto pare una valanga di operazioni illecite.
Non solo. Il paradosso vuole che Mediobanca stia facendo la regia di un’operazione, magistratura permettendo, che dovrebbe dar vita al principale concorrente delle Generali nel mercato assicurativo.
Insomma la controllante di Generali come se nulla fosse mette al mondo una bestia strana e a quanto pare un po’ malvagia che diventerà la principale competitor del Leone di Trieste. Roba da far rivoltare Enrico Cuccia nella tomba. Come ci ha detto un banchiere del giro Generali, citando ‘’Blade Runner”: “Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare”.