Io Donna pretendo il rispetto e non voglio essere ghettizzata o “quotata”

Da anni oramai la Festa della Donna, quindi la mia festa, è vissuta piu’ che altro come una sorta di mera strumentalizzazione politica o come una sorta di “unico giorno per dire che noi ci siamo”.

Forse sarò fuori dal coro delle benpensanti o delle dirigenti di partito che vivono questa giornata come palcoscenico e poi magari negli altri giorni dell’anno (che sono 364) la condizione della donna è relegata in piccolo angoli sui giornali tipo “La posta delle lettrici”. Il mio corpo e il mio cervello di donna sono tali 365 giorni all’anno e non voglio più essere considerata “un giorno di festa”.Certo fa piacere sentirsi dire “buona festa” o ricevere una mimosa o dei fiori, ma IO PRETENDO DIGNITA’ E RISPETTO IN OGNI AMBITO DELLA VITA CHE VIVO,  IN CASA O NELLA SOCIETA’ SENZA DOVERMI SENTIRE OGGETTO DI SCONTRO POLITICO E SENZA DOVER VIVERE LA MIA CONDIZIONE FEMMINILE COME UNA GHETTIZZAZIONE O COME UNA “QUOTAZIONE” IN OGNI DOVE.

L’ 8 marzo dobbiamo viverlo come una ricorrenza particolare per ricordarci e ricordare le origini di questa data: perché l’8 marzo sta a significare qualcosa di piu’ elevato rispetto al corteo dei fiorai.

La data della Festa dell’8 marzo  risale al 1908, quando un gruppo di operaie di una industria tessile di New York scioperò come forma di protesta contro le terribili condizioni in cui si trovavano a lavorare.

Lo sciopero proseguì per diverse giornate ma fu proprio l’8 Marzo che la proprietà dell’azienda bloccò le uscite della fabbrica, impedendo alle operaie di uscire dalla stessa.

Un incendio ferì mortalmente 129 operaie, tra cui anche delle italiane, donne che cercavano semplicemente di migliorare la propria qualità del lavoro.Tra di loro vi erano molte immigrate, tra cui anche delle donne italiane che, come le altre, cercavano di migliorare la loro condizione di vita. L’8 marzo assunse col tempo un’importanza mondiale, diventando il simbolo delle vessazioni che la donna ha dovuto subire nel corso dei secoli e il punto di partenza per il riscatto della propria dignità”

Mi piace riviverla così questa data, con la speranza che anche tante donne in politica o con ruoli dirigenziali si ricordino  della condizione della donna  non solo “per sventolare bandiere per un solo giorno” o per rivendicare cariche o poltrone politiche, ma nei momenti concreti in cui la dignità della donna è messa in discussione.

Ad esempio non ho visto le famose femministe del PD come Fiorenza Anatrini o Alessandra Navarri scendere in piazza per difendere la dignità delle lavoratrici dell’università di Siena colpite nel proprio reddito dalla direttrice di ferro Ines Fabbro. Va bene gridare contro il bunga bunga e su questo concordo. Ma la condizione della donna sui luoghi di lavoro è relegata solo al giudice del lavoro? Io ricordo l’8 marzo  da donna non quotata , da madre e da cittadina libera e fiera .

Marianne Franceschi