Non nobis

“Nave sanza nocchiere in gran tempesta” (Purgatorio, VI, 77)

L’oscura e aspra temperie che trascorre sull’incognito nostro tempo restituisce l’ottenebramento ancora più segreto ed imperscrutabile. Tal la metafora del vascelletto al giungere dell’ignota burrasca qual la tenebra che avvolge, come il traditore nell’ombra, lo πνεύμα lo spirito incorporeo ed inconsciamente dolente. La μεταμόρφωσις non si compie senza un bruciante travaglio, assoggettata alle eterne leggi dell’universo. Non è dato lenimento alcuno. L’equilibrio della transmutatio non può essere adulterato dalla soluzione lenitiva, pena la frattura insanabile con le armonie naturali, con l’ordine del cosmo, con l’euritmia del πνοή dell’Artefice. Il flusso κολπώδης del corso epocale serba a riparo e a sostegno dell‘individuum, dell’uno, dell’indivisibile e dell’irripetibile la συνήθεια, la familiaritas, la necessitudo, la fratellanza. L’intrinsichezza, la con-divisione autentica, la κοινωνία di intenti e di affetti, l’eufonia del pensiero e dell’anima sono racchiusi entro i termini latini di familiaritas, familia e necessitudo che non va significando inevitabilmente solo necessità in senso ontologico, ma bisogno, inteso come l’interdipendenza imprescindibile che congiunge tutti gli esseri viventi in un unico afflato esistenziale: Ecce quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum (Salmo 132,1). La sýnthesis dell’esistenza umana e civile si sostanzia in un atto unificante della coscienza, nel pensiero comune dell’individuo, nella cognizione volta al superiore sacramento del bene comune. Il ἱερεῖον il sacrificium di sé, dal latino composto sacer e facere, rendere sacro, il cui voto non tollera infrangimenti, voca a sé l’ideale della fratellanza universale, del pensiero e della preghiera comune per la trasfigurazione della sfera esistenziale dall’unico all’unità. Ergo, Non Nobis.

Uriel David