Buongiorno a tutti, vi ringrazio di essere intervenuti oggi per raccogliere queste mie riflessioni e nell’occasione trametto ai presenti e alle loro famiglie tanti auguri di buone feste. Auguri sentiti e di LUCE che estendo ai dipendenti dell’università e alle loro famiglie, oltre che augurare un sereno Natale a coloro che leggono queste mie parole.
UNIVERSITA’
La situazione del nostro Ateneo è estremamente complessa e particolarmente difficile per via della condizione di dissesto creata dalla gestione della nomenclatura berlingueriana-tosiana. Una gestione che l’evidenza di olre 200.000.000 di dissesto finanziario non possiamo che definire crudele e banditesca. Questi hanno rovinato un grande Ateneo, hanno messo in ginocchio un’ intera istituzione attraverso scelte e comportamenti personali di cui si devono occupare solo gli organi giudiziari nel merito dei reati commessi. Non ci sono altre vie per giudicare quanto è stato commesso. E su questo,senza forzare o invadere gli ambiti degli organi giudiziari, le indagini come già dimostrato con la vicenda di Dino Angelaccio e di Walter Gioffré arriveranno ad evidenziare tutte le responsabilità.
Quindi a mio avviso nessuno si dovrebbe sentire immune o protetto da una sorta di “autonomia universitaria dell’intoccabilità”, da sempre teorizzata dagli ex rettori Berlinguer e Tosi e ripresa con coerenza di appartenenza a quella cultura da rettore pro tempore Riccaboni.
Per quanto riguarda le indagini sulle elezioni dello stesso Riccaboni, mi sembra del tutto palese che gli organi competenti hanno riscontrato IRREGOLARITA’ nel voto e la conseguenza di questo riscontro sono la rimozione o dimissioni volontarie del rettore Riccaboni. Siamo in uno stato di diritto o no???
Del resto la presenza di questo Rettore sta creando solo ulteriori tensioni all’interno dell’Ateneo per tre motivi: Riccaboni è in netta minoranza dentro l’università sia tra il personale tecnico-amministrativo, sia tra i ricercatori e corpo docente e ora anche tra gli studenti; Riccaboni invece di portare avanti il piano di risanamento di Antonio Barretta (condiviso da tutte le istituzioni) e di rompere con i personaggi della nomenclatura tosiana (ops, non puo’ farlo visto che ne fa parte anche lui), cerca di trovare soluzioni insensate e negative, ma che tendono al mantenimento delle poltrone dei suoi sostenitori tosiani e che si posizionano su una visione padronale dell’università. Annientando di fatto la dignità del personale e le prospettive di rilancio culturale dell’ateneo (come evidenziato dagli stessi studenti); Riccaboni e la Fabbro rispondono a una logica di potere che trova spazio nel partito di Verdini e nella corrente della CGIL legata ai berlingueriani e ad un’idea del tutto sciocca ma vendicativa di affossare il lavoro svolto dall’ex rettore Focardi, così come sostiene da tempo dentro e fuori l’università un altro personaggio esperta di master come Anna Coluccia.
All’Ateneo serve un nuovo Rettore, un nuovo direttore amministrativo e un rinnovato rapporto sinergico con tutta la comunità senese. Ed è giunto il momento che il mondo universitario senese rifletta su questo e si prepari per individuare una figura autorevole o figure autorevoli per le elezioni del nuovo rettore.
POLITICA LOCALE-MPS-PROSPETTIVE PER LA CITTA’
Siena sta vivendo un momento di confusione politica e di scomposizione degli assetti di potere,conseguenza fisiologica di 12-13 anni di gestione politica e istituzionale fallimentare in molti aspetti e personalistica in altri.La banca MPS per via della fuga in avanti del tremontiano Mussari naviga in acque burrascose e all’orizzonte, salvo lo spazio che si sta ritagliando lo stesso Mussari, non vedo belle cose soprattutto per chi lavora dentro la banca. Da quando il Mussari dialoga e sostiene il centrodestra, la banca è entrata dentro spazi di manovre che nulla hanno a che vedere con gli interessi della comunità senese.
Del resto in questi anni la politica è stata cosi fragile da permettere ad un solo uomo di condizionare tutto e di personalizzare le scelte:dall’aereoprto di Ampugnano, banca Antonveneta e varie nomine come quelle di alcuni membri dell’associazione PER SIENA.
Ed è per questo che credo poco al risveglio del Ceccuzzi: per ora dice belle parole ma niente fatti concreti. Gli unici fatti del Ceccuzzi sono la condivisione delle scelte. Il ravvedimento di questi giorni diventa credibile con il manifestarsi di atti concreti e non con annunci ad effetto.
Vista la confusione credo sia auspicabile la nascita nell’immediato di uno schieramento “per il bene di Siena” che superi le divisioni personalistiche e che metta una riga di confine con quei gruppi e quegli ambienti di potere che hanno piene responsabilità nei vari ambiti per la situazione di crisi che vive la città. Un rinnovamento che vede esclusi, giustamente, i Mussari, Bisi, Berlinguer-Tosi, il gruppo intorno all’associazione PER SIENA e il partito di Verdini.
Non vedo altre strade per far rinascere questa città.
Grazie e tanti auguri.
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MPS-Antonveneta: il capolavoro della banca senese.
Franco Ceccuzzi
Tanti compagni, amici ed anche colleghi deputati mi hanno chiesto un giudizio sul “blitz” della Banca Monte dei Paschi che, con abile discrezione, forte determinazione e coraggio, ha acquistato Banca Antonveneta. Non ci dilungheremo sui profili finanziari, industriali e squisitamente bancari dell’operazione. Saremmo, francamente, tentati da tanta abbondanza di valutazioni da svolgere. Un piatto ricco di spunti se aggiungessimo anche una retrospettiva sull’estate del 2005, quando all’assalto di Antonveneta non andarono i galantuomini del Monte dei Paschi di Siena, ma altri manager ed uomini di affari che, a distanza di due anni, frequentano più i Tribunali della Repubblica che Piazza Affari. Il tema che vogliamo sviluppare è quello dell’assunzione di responsabilità, dell’interesse generale e della misurazione del consenso nel lungo periodo. Il presidente del Monte dei Paschi, Giuseppe Mussari, ed il direttore generale Antonio Vigni hanno messo sul tavolo della trattativa con Banco Santander una cifra di 9 miliardi di euro, qualcosa meno di 18mila miliardi di vecchie lire. Tanto quanto una legge finanziaria di media taglia. Una scelta impegnativa per l’azienda che amministrano pro-tempore, per gli azionisti, per i dipendenti, per la comunità che orgogliosamente, da secoli, ne rappresenta le radici e ne scrive la storia, con successo. L’indomani i mercati hanno reagito negativamente. Il prezzo è troppo alto. L’integrazione tra le due banche è troppo difficile. Gli obiettivi di creazione di valore dai due istituti non sono realistici. La governance di Mps è atipica. A Siena, però, nessuno si è impressionato per lo “starnuto” dei mercati. Il riferimento è scherzoso e non vuole essere offensivo. L’accelerazione della storia impressa dalla globalizzazione dei mercati e dalla rivoluzione tecnologica non rispetta zone franche e nemmeno una banca nata nel 1472. E così la ristrutturazione bancaria che in Italia prende le mosse con la legge Amato-Ciampi e che da oltre 1000 banche ci ha portato a poco più di 600 marchi. Con la nascita di nuovi e grandi gruppi. Player di rango europeo come Unicredit Group, Banca Intesa San Paolo, e Monte dei Paschi di Siena con oltre 3000 sportelli e la joint venture con Axa. Per questo chi proviene da una storia secolare e si pone di fronte a sé di percorrere un cammino altrettanto lungo e glorioso, investe le sue forze in un disegno di largo respiro e non si ferma alle valutazioni di breve periodo. Sempre che, naturalmente, chi amministra protempore abbia il coraggio, la forza e la visione dell’interesse generale per assumersi i rischi della critica, o persino dell’impopolarità a breve, per veder maturare i frutti delle proprie scelte in tempi lontani, magari quando non si ricoprono più quelle responsabilità. Nell’Italia governata dai sondaggi e del consenso a consumo immediato, il rischio d’impresa assunto da Mps con l’acquisto di Antonveneta è un fulgido esempio di classi dirigenti orientate dall’interesse generale. Mi riferisco, in questo caso, anche all’azionista di riferimento che è la Fondazione, il cui ruolo nell’operazione Antonveneta non è stato, non è, e non sarà certo marginale. Le regole dell’economia però non si possono applicare in politica e nei processi di sviluppo delle comunità. I processi di partecipazione e di costruzione, nonché misurazione, del consenso richiedono massima trasparenza e non silenzio, massima ponderazione e non impazienza, equlibrio e non certo impeto. Qui mi sento di elogiare senza limiti e senza riserve quanto ha scritto, in questi giorni, Simone Bezzini sullo sviluppo dell’aeroporto di Ampugnano e nelle settimane scorse il sindaco di Sovicille Alessandro Masi. Idee chiare sugli obiettivi da perseguire, ed atteggiamento riflessivo sui passi da compiere. Perché in questi casi i passaggi vanno consumati tutti. Uno per uno. Questa è la mia opinione. E voi che cosa ne pensate?
Questo messaggio è stato inviato il Mercoledì, Novembre 14th, 2007 alle 5:36